Festa della Santa Famiglia. Mons. Paglia: distruggere la famiglia significa distruggere
la società
All’Angelus di questa domenica, in occasione della Festa della Santa Famiglia, Papa
Francesco pronuncerà una speciale preghiera per la famiglia da lui composta. Durante
la preghiera mariana è previsto anche un video-collegamento che unirà Piazza San Pietro
con i fedeli presenti nella Basilica dell’Annunciazione a Nazaret, nella Santa Casa
di Loreto e nella Basilica della Sagrada Familia di Barcellona. Su questa Giornata
ascoltiamo mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la
Famiglia, al microfono di Stefano Leszczynski:
R. – E’ una
Giornata voluta dal Papa nel giorno della festa della Famiglia di Nazareth, che viene
celebrata contemporaneamente a Nazareth, dove Gesù ha vissuto 30 anni, a Loreto –
la casa dove Gesù è cresciuto – e a Barcellona, dove quel grande artista che era Gaudí
ha creato il Santuario della Sagrada Familia, che è davvero una delle bellezze di
questo nostro tempo. E il Papa, a mezzogiorno si unirà ai tre Santuari, nel momento
della recita dell’Angelus, per una preghiera comune. A me pare un’esperienza particolarmente
significativa, perché si tratta di sottolineare la decisività della famiglia da quella
di Nazareth. Potremmo dire: “Gesù è il Figlio di Dio, è il Creatore stesso, eppure
anche Lui, venendo sulla Terra, ha avuto bisogno della famiglia”. E’ ovvio che viene
da dire immediatamente: se così Lui, quanto più noi! E credo che sottolineare oggi
la dimensione centrale della famiglia nella vita e dei singoli, e delle società oltre
che della Chiesa, sia quanto mai significativo.
D. – Quali sono gli ostacoli
che la famiglia deve affrontare oggi?
R. – Ma, io direi questo: anzitutto,
va rivendicata una realtà maggioritaria, che è quella delle famiglie “padre-madre-figli”.
Purtroppo, nessuno ne parla; spesso sono sfruttate, la politica le dimentica, l’economia
le sfrutta, la cultura le bastona … e tuttavia, sono la risorsa più importante delle
nostre società. In realtà, è proprio la dimenticanza della politica che si organizza
senza pensare alla famiglia, per cui – ad esempio – il fidanzamento è diventato una
decisione che si sposta sempre più avanti negli anni. Ci si sposa – e quindi ci si
fidanza – quando le cose sono sistemate, e così il matrimonio diventa la fine e non
l’inizio di un progetto a due. La cultura, poi, sta indebolendo ogni legame per cui
un legame “per sempre” rischia di diventare inconcepibile. Ma indebolire la famiglia
vuol dire indebolire la società. E’ sintomatico che stiano crescendo in Europa, come
numero, le famiglie cosiddette unipersonali: il rischio che si vada verso una società
de-familiarizzata, è un rischio terribile, perché poi vuol dire che alla fine si sta
bene soltanto da soli. Ma questa è l’uccisione della società – direi, della stessa
antropologia …
D. – Ci sono anche tante sfide che attendono la Chiesa nei confronti
della famiglia …
R. – Io direi che la Chiesa sta dando – con Papa Francesco
ma anche con i precedenti, particolarmente Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto
– indicazioni su come ci si debba porre di fronte alla famiglia. Infatti, il Papa
convoca tutta la Chiesa a mettere al centro delle sue preoccupazioni la famiglia.
Infatti, è vero oggi che la famiglia lasciata sola è come in balìa di una cultura
che le è nemica: ecco perché è indispensabile che, pur nella trasformazione della
famiglia, ci si renda conto che se essa viene distrutta, viene distrutta la stessa
società. Non possiamo lasciar correre in maniera rassegnata una cultura individualista
che elimina il “noi”, a incominciare dal primo che tutti incontriamo appena nati,
quel “noi” della famiglia che è come un genoma che poi sostiene e solidifica le città,
le nazioni, i popoli fino alla famiglia dei popoli. Ecco perché parlare di famiglia,
oggi, non vuol dire parlare di un aspetto: vuol dire parlare dell’intera società.
E ce n’è bisogno.