Introvigne: le persecuzioni dei cristiani non si arrestano, almeno 70 mila uccisi
nel 2013
Il 26 dicembre la Chiesa ricorda Santo Stefano, il primo martire, che morì lapidato
chiedendo a Dio di non imputare questo peccato ai suoi assassini. Non solo nei secoli
passati ma ancora oggi tanti cristiani vengono uccisi a causa della fede. In relazione
al 2012 si è parlato di circa 100 mila cristiani uccisi. Per fare il punto sulla situazione
nel 2013, Debora Donnini ha sentito Massimo Introvigne, coordinatore
dell’Osservatorio della libertà religiosa in Italia:
R. – La statistica
è molto controversa. C’è stata anche una polemica tra Todd Johnson, forse il migliore
esperto di statistiche religiose del mondo, e la Bbc. Tutto dipende da alcune situazioni
africane, in particolare il Congo e ora anche il Sud Sudan, e da quanti degli uccisi
in queste situazioni possono essere considerate persone uccise per la loro fede, in
quella che Johnson chiama una situazione di testimonianza. I dati finali per il 2013
si conosceranno nei primi mesi del 2014 ma è probabile che, essendo un po’ diminuito
il numero di cristiani uccisi in Africa, la cifra possa scendere dai 100 mila intorno
ai 70-80 mila.
D. – Il Rapporto annuale 2013 della Commissione sulla Libertà
Religiosa Internazionale degli Stati Uniti segnala otto Paesi che destano particolare
preoccupazione, cioè Birmania, Cina, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita,
Sudan e Uzbekistan. Quale Paese la colpisce di più?
R. – Credo che continui
a colpire tutti la situazione della Corea del Nord: non solo perché si continuano
a uccidere dei cristiani, ma perché i cristiani ci sono, cioè non sono stati sterminati
dalle vicende precedenti. E quindi è evidente che anche in una situazione difficilissima
di un Paese che limita al minimo i contatti con il mondo esterno, ci sono persone,
ci sono anche giovani che non hanno conosciuto se non l’educazione del regime, che
continuano a convertirsi al cristianesimo, che manifestano in qualche modo la loro
fede e che quindi sono arrestati, deportati nei campi di concentramento e anche uccisi.
Naturalmente, questi che elencano gli Stati Uniti non sono gli unici Paesi che destano
preoccupazione, perché vi è poi tutta una costellazione di Paesi in cui si va dal
fenomeno della violenza diffusa a quello di forme di violenza legale: non dobbiamo
mai dimenticarci, per esempio, delle leggi che puniscono la blasfemia in Pakistan,
di cui conosciamo bene – il caso di Asia Bibi insegna – l’uso strumentale nei confronti
dei cristiani.
D. – La Nigeria, per esempio, è un altro Paese che desta preoccupazione
…
R. – Sì. Occorre chiarire che qui il problema non è costituito dal governo
nigeriano, ma da alcuni movimenti estremisti dell’ultrafondamentalismo islamico, in
particolare uno, denominato Boko Haram. Quindi, al di là dei numeri, quello
che è importante dire è che questi cristiani non sono tutti uccisi dai seguaci di
altre religioni. Certamente – abbiamo appena citato la Nigeria – c’è il problema di
movimenti islamici ultrafondamentalisti, però non dobbiamo dimenticare altri due elementi:
il primo è l’esistenza ancora di regimi comunisti molto duri, ed è il caso della Corea
del Nord, e l’altro è quello di conflitti tribali, dove qualche volta è difficile
chiarire se i cristiani sono uccisi perché cristiani o perché della tribù “sbagliata”
…
D. – C’è poi, l’Europa, dove non ci sono – ovviamente – forme di violenza
di questo livello nei riguardi dei cristiani, però ci possono essere casi di restrizioni
nei loro riguardi …
R. – Sì, verso i cristiani e verso le persone religiose
in genere. Credo che lo dica molto bene nella Evangelii gaudium Papa Francesco
quando ci ricorda che c’è una mentalità che vuole ridurre la fede ad un fatto puramente
privato e chiudere i credenti nelle chiese, nelle sinagoghe e nelle moschee, cioè
finché stanno chiusi e pregano va tutto bene, ma quando cercano di manifestare pubblicamente
la loro fede nell’agone sociale e politico, cominciano le discriminazioni quando non
le vere e proprie persecuzioni. Mi ha molto colpito che Papa Francesco abbia citato
un vecchio libro che – ha detto – gli ha fatto tanto bene: “Il Padrone del mondo”
dello scrittore inglese Robert Hugh Benson, che mostra proprio una situazione in cui
i cristiani se cercano di dare testimonianza pubblica, anche nell’agone sociale e
politico della loro fede, sono perseguitati e alla fine sono anche uccisi. Il Papa
ha detto: Ma credete che queste cose ci siano solo nei romanzi o che succedessero
soltanto tanti anni fa? No, succedono ancora oggi.