2013-12-24 15:03:59

Parrocchie, carceri, case di riposo: il pranzo di Natale di Sant'Egidio con i più poveri


Sono trascorsi 31 anni dal primo pranzo di Natale per i poveri organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Era il 1982, e la tavola della festa era stata allestita nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Oggi, la Comunità è presente in oltre 70 Paesi e in ciascuno di questi le persone indigenti – senzatetto, carcerati, bambini soli, zingari, anziani, ma anche i cosiddetti "nuovi poveri" – troveranno un abbraccio e una mensa pronta ad accoglierli. Francesca Sabatinelli ha intervistato Augusto D’Angelo, della Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3

R. - Il Natale quest’anno arriva in un periodo di crisi profonda ed è importantissimo far sì che le persone che hanno incontrato delle difficoltà trovino intorno una rete di solidarietà di amicizia, di accoglienza, che faccia sentire la vicinanza di una famiglia: la famiglia cristiana. È un momento in cui molti anziani, molte persone che hanno perso il lavoro, molti divorziati, si ritrovano a vivere in solitudine un giorno che per tutti è un giorno felice. Da noi trovano l’accoglienza, l’amicizia e il calore di una famiglia umana.

D. - Da voi, qui a Roma, nelle città italiane e da voi in tutto il mondo, senza distinzione di religione, razza, età…

R. - Il pranzo di Natale è nato a Roma, ma ha contagiato tanti Paesi nel mondo. La Comunità di Sant’Egidio è presente in più di 70 Paesi, ovunque è presente la Comunità di Sant’Egidio c’è il pranzo di Natale. Un pranzo che può esser destinato alle persone senza fissa dimora musulmane in Pakistan, a quanti sono carcerati in luoghi di pena africani, dove spesso non arriva il pranzo, oppure ai bambini in America Latina, agli anziani in Germania, nel nord Europa, negli Stati Uniti. È un grande popolo che si raduna intorno alla mensa facendo festa per la nascita di Gesù, al di là delle religioni, e che tendenzialmente accoglierà più di 120 mila persone.

D. - Accanto a un aumento del numero di persone che sono sempre più indigenti, si è assistito, però, al fenomeno dell’aumento dei volontari che aiuteranno Sant’Egidio nella preparazione del pranzo…

R. – Quest’anno, soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo registrato un aumento dei gruppi di persone che si occupano di coloro che sono più poveri, una crescita di quanti dedicano e decidono di dedicare del tempo agli altri. A mio giudizio, è un grande segno di speranza in un momento molto difficile. È frutto, sicuramente, anche della predicazione di Papa Francesco e del fatto che in tanti hanno cominciato ad aprire gli occhi, a vedere quante persone sono in difficoltà, e a decidere di abbandonare l’indifferenza, rimboccarsi le maniche, e quindi di voler essere in questa storia insieme a Papa Francesco e a tutti gli altri.

D. - Si parla di poveri, si parla di persone senza nessuno, questo è l’identikit, se vogliamo, della stragrande maggioranza di persone che si ritrovano in carcere, e Sant’Egidio è molto vicina a chi trascorrerà questo Natale dietro le sbarre…

R. – Sì, spesso visitiamo le carceri, si creano dei legami di vicinanza, ci si ricorda di loro nella preghiera e soprattutto si aspetta che escano di prigione. E in questo periodo di Natale le visite sono più frequenti, in molti casi sono stati organizzati dei pranzi e si continuerà a organizzarli anche nei prossimi giorni. Ce n’è appena stato uno ad Avezzano, ce ne saranno alcuni il 26 a Roma, a Regina Coeli e a Rebibbia e in altre carceri italiane. È un momento particolare per far sentire a chi è solo, e dietro le sbarre, che non ci si dimentica di loro, che restano nel nostro cuore e che assieme a loro aspettiamo tempi migliori.







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