Inaugurazione del Presepe napoletano in Piazza San Pietro. Il card. Sepe: il Natale
porti pace e giustizia
Viene inaugurato oggi in Piazza San Pietro alle 17.00, sulle note di “O’ sole mio”
suonate dalla Banda musicale vaticana, il Presepe napoletano regalato dal cardinale
Crescenzio Sepe al Papa. Il programma, ancora non ufficiale, prevede che alle 18.00
il Papa possa accendere il “lume della Pace” posto sul davanzale della finestra dello
studio privato pontificio. La cerimonia si concluderà con il collegamento con Betlemme.
Quest’anno, il Presepe, allestito come ogni anno ai piedi dell’obelisco nella splendida
cornice del Colonnato Berniniano, ha come titolo "Francesco 1223 - Francesco 2013".
Si tratta, dunque, di un Presepe napoletano, che per la prima volta nella sua storia
arriva a Piazza San Pietro. Un'opera ideata e realizzata dal maestro Antonio Cantone
e dalla bottega Cantone & Costabile - esponenti del presepe del settecento partenopeo
- corredata dalla scenografia firmata dal prof. Antonio di Tuoro. Sedici pastori,
vestiti con abiti tipici del settecento napoletano, faranno da cornice alla scena
che rievoca la nascita del Bambino Gesù, mentre il paesaggio rappresenterà un luogo
tradizionale della Campania felix. Anche quest’anno il presepe è stato realizzato
grazie al sostegno di alcuni benefattori, limitando al massimo i costi a carico del
Governatorato. Presenti alla cerimonia i cardinali Comastri e Bertello, rispettivamente
vicario del Papa per la Città del Vaticano e presidente del Governatorato. Al cardinale
Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, Luca Collodi ha chiesto innanzitutto
quale Natale auguri alla sua diocesi:
R. – Diciamo,
da una parte, un Natale aperto alla speranza: questo Dio che è venuto a dare speranza,
a portare un po’ di pace, a portare soprattutto un po’ di giustizia in un terreno
che è avvelenato: c’è la cosiddetta Terra dei fuochi; e poi per tanti disagi sociali
che ormai toccano tutta la popolazione. Il messaggio che vogliamo far passare è quello
di non arrenderci, di non farci catturare dal pessimismo; e dall’altra parte, però,
è anche necessario focalizzare questi problemi perché c’è responsabilità da parte
di tutti – della Chiesa, delle istituzioni, di tutti – a prendere a cuore questo problema
e cercare di trovare una soluzione adeguata.
D. – A Napoli, la speranza rischia
di essere semplicemente un sogno, o può essere una realtà concreta?
R. – Abbiamo
cercato, insieme anche con le istituzioni, di dare dei segni, dei segni di speranza,
che però abbiano dei contenuti. Così abbiamo creato la Cittadella dell’artigianato
per i giovani, abbiamo fatto la Casa di Tonia, dove accogliamo le mamme abbandonate
con i loro bambini; un call-center di solidarietà; un marketing di solidarietà; e,
soprattutto per i bambini, abbiamo organizzato ormai già da qualche anno, un accompagnamento
per evitare che marinino la scuola, alle volte, perché? Perché sono poveri, perché
i genitori non hanno i soldi per comprare un grembiulino, le scarpine, i quaderni
… Sono circa 500 bambini, e allora all’inizio dell’anno diamo loro un kit e li accompagniamo
per tutto l’anno, in modo da poterli seguire …
D. – Voi oggi portate questa
speranza da Napoli a Piazza San Pietro attraverso il presepe, che è una delle realtà
più alte della cultura e della tradizione napoletana …
R. – Ecco: il presepe,
per esempio, fa parte di quelle virtuosità, di quelle eccellenze napoletane che intanto
– grazie a Dio – si tramandano di padre in figlio: un artigianato che trova un terreno
molto fertile; e poi, rappresenta l’impegno, l’inventiva, la cultura, quella umanità
che è tipica proprio del nostro popolo.
D. – Che cosa si aspettano i napoletani
e i campani da questo Natale?
R. – Fatti un po’ più concreti da parte di tutti.
Concreti nel senso che si deve andare incontro a queste urgenze che ormai possono
esplodere, e che portino una ventata nuova. Napoli ha bisogno di respirare un po’
meglio di come ha fatto finora, perché solo con l’impegno concreto, con progetti concreti,
si possono affrontare anche questo Natale e il prossimo anno, con una prospettiva
più positiva e più serena.
D. – Lei è preoccupato del disagio sociale che in
tante parti d’Italia, non solo a Napoli, si sta esprimendo attraverso vari movimenti
di cittadini?
R. – Sono preoccupato perché sono grida che vengono dalla gente,
dalla povera gente; aumenta a dismisura, a Napoli in modo particolare, la povertà,
cioè il numero di chi non solo non riesce più ad arrivare alla fine del mese, ma di
chi non riesce a portare un piatto caldo al giorno in famiglie con figli, famiglie
che vengono nelle nostre Caritas, nei nostri centri parrocchiali dei canali diocesani,
per sopravvivere: bè, questo fa meditare, fa riflettere e fa pregare perché il Signore
ci aiuti e ci dia la forza di superare queste difficoltà.