Egitto. Attentato Mansoura: 14 morti. Un missionario: Natale ci porti la speranza
In Egitto, i Fratelli musulmani hanno condannato l'attacco contro la polizia di Mansoura,
che ha causato numerose vittime. Un atto terroristico ribadisce il premier al-Beblawi,
che ha ufficialmente definito La Fratellanza “un’organizzazione terroristica”. In
questo scenario, la preghiera della comunità cristiana che celebra il Natale sperando
nella costruzione della pace. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
Non si ferma
la violenza in Egitto. 14 morti e 130 feriti è il drammatico bilancio dell’attacco
al quartier generale della polizia a Mansura, nel nord del Paese. Due gli ordigni
esplosi simultaneamente: uno piazzato all'interno dell'edificio e un altro in un'autovettura.
Secondo il premier Hazem al-Beblawi, si è trattato di un ''atto terroristico” mirato
a ''distruggere il futuro del Paese'' e ''ostacolare la roadmap'' tracciata
dopo la destituzione dalla presidenza, il 3 luglio scorso, dell’esponente dei Fratelli
musulmani, Mohamed Morsi. Il ministro egiziano dell'Interno, Mohamed Ibrahim, ha sostenuto
che l'attacco è una risposta al sanguinoso blitz di agosto delle forze di sicurezza
contro i sit-in al Cairo della Fratellanza e dei sostenitori del presidente
deposto. E proprio i Fratelli musulmani, ancora in piazza contro l’esecutivo, sono
stati ufficialmente inseriti dal premier Beblawi nella lista delle “organizzazioni
terroristiche''. Intanto, sul fronte politico si apprende che gli egiziani residenti
all'estero potranno votare per il referendum sulla nuova costituzione dall'8 al 12
gennaio prossimi, mentre il resto del Pese si esprimerà il 14 e 15 gennaio.
In
questo contesto, la comunità cristiana nel Paese celebra il Natale. Massimiliano
Menichetti ha raccolto la testimonianza di un missionario cattolico, raggiunto
al Cairo, al quale per motivi di sicurezza garantiamo l’anonimato:
R. - L’Egitto
è diviso in due, non ci sono sfumature: c’è chi è dalla parte dei Fratelli musulmani,
pronto a difenderli sino alla fine, e chi invece è a favore dell’esercito e anche
qui pronto a combattere. C’è molta tensione. Non si sente parlare di una via di mezzo
o di un compromesso fra le due parti. E questo preoccupa.
D. - Al Cairo come
si sta vivendo in questo momento?
R. - Al Cairo la vita va avanti, anche con
una certa indifferenza di fronte agli episodi di violenza, come anche quello che è
successo nelle ultime ore. La città è anche molto grande e quindi quello che succede
in un punto spesso non è percepito, condiziona la vita di tutti… Però, come dire,
c’è molta rabbia e l’impressione è che - avvicinandosi il referendum Costituzione
- ci sarà una imposizione da parte di una maggioranza, che ha le sue ragioni di essere
contro i Fratelli musulmani, ma che di fatto si sta imponendo, facendo finta che quasi
metà del Paese non esiste. Si sta imponendo la linea dei militari, che è una linea
anti-islamista. Però, è una linea militare, dura sulle regole. Una linea che vuole
controllare e limitare le libertà di manifestazioni, di opinione.
D. - Era
un po’ così anche prima di Mubarak, no?
R. - A noi sembra che la situazione
sia più tesa. Mubarak stava dando segni di apertura a un possibile passaggio democratico.
Qui, invece, siamo tornati indietro, siamo agli anni, forse, del primo Mubarak. Siamo
tornati indietro rispetto al 2010-2011.
D. - La comunità cristiana come vive
questa realtà?
R. - In modo superficiale, dal punto di vista della politica
e di quello che sta succedendo. Si dice: “Finalmente, abbiamo evitato un grande pericolo!”,
facendo riferimento al pericolo di cadere in un Paese retto dalla legge islamica.
Poi, però, è chiaro - e forse questo non viene detto spesso, però i cristiani lo sanno
- che la partita è ancora aperta. Quindi, molte cose rimangono da fare a livello istituzionale,
ma soprattutto a livello economico, perché l’economia è stagnante. La gente ha fame!
D.
- In questo periodo di sommovimenti in Egitto, ci sono state delle minacce contro
i cristiani?
R. - La situazione è molto migliorata, almeno a livello di minacce
o di paura. Sicuramente, il momento più duro è stato la scorsa estate, quando ci sono
stati gli attacchi a decine e decine di chiese e di proprietà dei cristiani. Passiamo
un Natale nella speranza che non succeda niente di negativo, che non ci siano attentati
alle chiese… Diciamo che dobbiamo stare un po’ attenti. In molti posti, la Veglia
di Natale verrà celebrata molto presto - magari alle 6 o alle 7 di sera - per evitare
di essere in chiesa nel mezzo della notte, quando potremmo magari esserci problemi.
D.
- In questa situazione di tensione, come vi state preparando a vivere il Natale?
R.
– Preghiamo e ci affidiamo al Signore. Abbiamo bisogno di speranza e penso che anche
il nostro ruolo di missionari e di religiosi sia quello di diffondere un po’ più di
speranza e di fiducia. La gente ha paura, è pessimista! E penso che il Natale sia
l’occasione che il Signore ci dà per dire che, nonostante tutto, pensiamo veramente
che qualcosa di buono possa ancora accadere e che un futuro migliore sia possibile.
Da questo punto di vista, i cristiani sono molto uniti, anche fra cattolici, copti
ed evangelici. C’è molta solidarietà, in questo periodo, fra le Chiese.