Thailandia: l’opposizione vuole bloccare il voto del 2 febbraio
Si rafforzano le azioni di disturbo dell'opposizione thai verso la prossima tornata
elettorale, con i manifestanti antigovernativi intenti a ostacolare le procedure di
selezione dei prossimi candidati al Parlamento. Questo lunedì - riferisce l'agenzia
AsiaNews - le "Camicie gialle" hanno circondato lo stadio di Bangkok, dove sono in
corso le operazioni di registrazione per il voto del prossimo 2 febbraio. Essi rilanciano
a gran voce la richiesta di "riforme politiche" prima di tornare alle urne e restituire
la parola ai cittadini. Nelle scorse settimane i leader della protesta, sostenuti
dalle élite economiche e finanziarie della capitale, hanno respinto la proposta del
voto a breve, invocando la formazione di un "consiglio del popolo" a cui è affidato
il compito di sradicare l'influenza del "regime dei Thaksin" dal Paese. In realtà,
l'obiettivo delle riforme è quello di fermare i successi elettorali della famiglia
Shinawatra - prima Thaksin, ora la sorella Yingluck - che da almeno dieci anni vince
grazie al consenso nelle aree urbane più povere e tra i contadini del nord. A inizio
mese tutti i parlamentari del Partito democratico (il principale schieramento di opposizione)
si sono dimessi; alcuni di loro, tra cui l'ex premier Abhisit Vejjajiva, si sono uniti
ai manifestanti. La leadership del partito non ha ancora comunicato se intende partecipare
o meno al voto; tuttavia, è chiaro che un eventuale boicottaggio priverebbe di legittimità
la tornata elettorale, alimentando instabilità e incertezza. Il Primo Ministro Yingluck
Shinawatra invita ancora una volta i dimostranti al rispetto del "sistema democratico".
Per tutta la giornata di ieri almeno 150mila persone - per gli organizzatori molti
di più, fino quasi a un milione - sono scese in strada per le vie della capitale,
chiedendo a gran voce le dimissioni dell'esecutivo. Il capo della protesta Suthep
Thaugsuban, figura di primo piano dei democratici ed ex vice-premier fino al 2011,
ha confermato di non volere nuove elezioni, fino a che "il Paese non verrà riformato".
Egli ha invitato i dimostranti a radunarsi all'esterno dello stadio, per bloccare
di fatto le operazioni di registrazione dei prossimi candidati. "Se volete registrarvi
- ha aggiunto - prima dovete passare sul nostro cadavere". In risposta, i partiti
che intendono tornare a votare hanno trasferito la macchina elettorale in una caserma
della polizia, subito circondata all'esterno dai dimostranti. Le procedure dovrebbero
concludersi entro il prossimo 27 dicembre. Nove partiti hanno potuto sinora registrarsi,
ma in molti sono rimasti all'esterno e non hanno espletato le formalità previste dal
codice. Finora le proteste, che durano da diverse settimane, hanno avuto una connotazione
in genere pacifica, sebbene non siano mancati momenti di tensione e scontri di piazza,
che hanno causato la morte di quattro persone. I vertici militari, vera "eminenza
grigia" del Paese, mantengono la linea della neutralità e auspicano il voto del 2
febbraio. Secondo alcuni manifestanti, le riforme politiche dovrebbero prevedere fra
gli altri la fine del principio "una testa un voto" e il cambiamento del modello rappresentativo;
difatti, la grande popolarità del governo nelle zone rurali è garanzia di vittoria
anche alle prossime elezioni. (R.P.)