Scontri in Sud Sudan: sempre più grave la situazione umanitaria
La situazione in Sud Sudan è di "crescente urgenza". Lo ha affermato il segretario
generale dell'Onu Ban Ki moon, puntando i riflettori sulle notizie di "uccisioni etniche",
nello Stato più giovane dell'Onu, dove dopo una settimana di violenze interetniche
il bilancio delle vittime è salito ad oltre mille. Intanto il leader della ribellione
contro il governo del Paese, ha detto di essere pronto al dialogo e ha invitato il
presidente, Salva Kiir, a rilasciare i suoi alleati politici ora in stato d'arresto.
Il presidente americano, Obama, ha annunciato la possibile adozione di misure per
arginare gli scontri. Ed è sempre più grave l’emergenza umanitaria causata dal conflitto.
Lo conferma Bruna Sironi, responsabile per il Sud Sudan di "Mani Tese", intervistata
da Giancarlo La Vella:
R. - Gli effetti
del conflitto saranno molto gravi, perché il Paese comunque non è mai uscito definitivamente
dall’emergenza e, dunque, le operazioni di supporto alla popolazione civile sono ancora
molto rilevanti.
D. - Quali sono i numeri di questa emergenza umanitaria?
R.
– Adesso, il conflitto si sta giocando in due Stati: lo Stato di Jonglei e lo Stato
di Unity. Lo Stato di Jonglei da un anno è in guerra; già c’erano problemi molto gravi
di violazione dei diritti umani nei confronti della popolazione. Adesso il conflitto
si sta giocando anche nello Stato di Unity, che è il secondo Stato in emergenza del
Paese: ospita il più grande campo profughi dell'area, dove ci sono circa 78 mila rifugiati
provenienti dal Sud Kordofan, lo Stato del Sudan in guerra da circa un paio d’anni.
La situazione alimentare era già critica in questo periodo; con il conflitto le cose
diventeranno sempre più drammatiche, perché non sarà possibile raggiungere i profughi.
Tutti gli operatori umanitari sono stati rimpatriati e, dunque, i rifugiati sono praticamente
da soli, in balia di loro stessi. Io sono molto preoccupata.
D. - Operando
sul terreno, quale idea vi siete fatta di questo conflitto? E’ una guerra per la gestione
delle risorse petrolifere o una lotta per il potere nel nuovo Stato del Sud Sudan?
R.
- È sicuramente una lotta per il potere; le risorse petrolifere poi vengono di conseguenza
ad aggravare il quadro. C’è probabilmente anche una diversa visione dello sviluppo
delle istituzioni del Paese. Penso che la crisi sia sfuggita di mano e adesso il conflitto
sta già coinvolgendo altri Paesi.
D. - L’adozione di nuove misure – come ha
paventato il presidente Obama – può risolvere qualcosa?
R. - Credo che la Comunità
internazionale dovrebbe agire in altro modo e cercare di mettere attorno un tavolo
i contendenti, per studiare con loro un modo per uscire da questo momento così drammatico.
Il Paese rischia di esplodere.