2013-12-23 16:03:56

Pellegrinaggio in Iraq. Mons. Andreatta: segno di comunione tra cristiani


Sempre tesa la situazione in Iraq, dove negli ultimi undici mesi hanno perso la vita oltre 8mila persone. Intanto, si è appena concluso il primo pellegrinaggio dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp) organizzato nel Sud del Paese, in cui la situazione è più tranquilla, dopo un decennio di guerra e massacri. Per un bilancio del viaggio, ascoltiamo il vicepresidente dell’Opera romana pellegrinaggi, mons. Liberio Andreatta, al microfono di Antonella Pilia: RealAudioMP3

R. - Il bilancio di questo pellegrinaggio è estremamente positivo, prima di tutto nei confronti dei cristiani che si sono sentiti meno isolati e hanno avuto finalmente un contatto diretto con pellegrini provenienti dall’Italia, da Roma, tra l’altro con la benedizione di Papa Francesco. Quindi un grande entusiasmo e una grande iniezione di energia e di incoraggiamento per le piccole comunità cristiane. In tutta Nassiriya c’è una sola famiglia di cristiani e in tutta la città di Babilonia sono soltanto cinque: queste persone hanno sentito il calore dei fratelli cristiani che sono venuti a far loro visita. Il secondo obiettivo del viaggio è stato quello di un dialogo, di un incontro: abbiamo avuto una sorprendente accoglienza da parte degli sciiti e dei sunniti. Nell'esperienza di tutti i miei pellegrinaggi nei Paesi musulmani, per la prima volta ho sentito pronunciare le parole “riconciliazione” e “perdono”. Ogni incontro terminava sempre con questa parola, detta da tutti: "Ecco, finalmente possiamo sperare".

D. - Tra i doni benedetti da Papa Francesco e portati in Iraq, c’è anche un lembo della veste che Giovanni Paolo II indossava il giorno dell’attentato…

R. - Sì, esattamente! Un lembo della veste che indossava quel giorno, intrisa di sangue, quasi a significare che il sangue del Papa si è mescolato col sangue dei martiri caduti. Quel reliquiario prezioso lo abbiamo portato a Nassiriya, nella chiesa dei siro-cattolici dove dieci anni fa ebbe luogo la strage di cristiani da parte di un gruppo di terroristi, che ha fatto oltre 30 vittime, tra cui due sacerdoti. Questo reliquiario è un segno che vuole incoraggiare i nostri fratelli cristiani, soprattutto i siro-cattolici.

D. - Da questo pellegrinaggio sono anche scaturiti dei progetti per il futuro?

R. - Sì, noi abbiamo promesso che non li lasceremo soli: torneremo! Cominceremo con piccoli gruppi, soprattutto nel sud dell’Iraq, dove la sicurezza e la tranquillità sono tornate pressoché alla normalità. Cominceremo entrando dalla Giordania, attraverso Bassora e Nassiriya, Url, fino a Karbala e Babilonia, luoghi biblici legati all’Antico Testamento e quindi alla nostra storia sacra. La permanenza sarà di pochi giorni, in modo che iniziamo intanto ad abituare i pellegrini affinché, tornando, possano incoraggiare gli altri e assicurare che c’è sicurezza. E poi anche per dare modo e tempo ai nostri fratelli dell’Iraq di organizzare le infrastrutture che oggi non sono molto all’altezza. Ma la cosa importante è andare con fede!

D. - Lei crede che ci possa essere un futuro di pace per l’Iraq?

R. - Io ne sono certo! Credo che sarà ancora un anno duro e difficile, perché nella primavera del prossimo anno ci saranno le elezioni. Quindi certamente una situazione esplosiva perdurerà, ma sarà soprattutto al Nord dell’Iraq, da Baghdad in su: non potremmo certo andare, ad esempio, a Ninive, un'altra zona straordinaria della storia sacra. Nonostante ciò, il futuro dell’Iraq è sicuramente la pace: io lo credo, ne sono convinto ed è per questo che preghiamo insieme a loro, per loro e con loro, perché la pace arrivi!







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