Sud Sudan: i vescovi cristiani condannano le violenze. 5mila rifugiati nella cattedrale
di Juba
Si moltiplicano gli appelli dei leader delle chiese cristiane alla pace e alla riconciliazione
in Sud Sudan mentre l’Onu e diversi Stati stranieri procedono ad evacuare il loro
personale e i propri cittadini dal Paese in preda al violento scontro tra fazioni
rivali delle forze armate. L’assalto alla base dell’Onu di Akobo, nell’est del Sud
Sudan, nel corso del quale 3 Caschi blu indiani hanno perso la vita, ha accelerato
le operazioni di rimpatrio degli stranieri. Per evitare che la lotta tra il Presidente
Salva Kiir (appartenente all’etnia Dinka) e l’ex vice Presidente Riek Machar (un Nuer)
precipiti il giovane Stato (indipendente dal luglio 2011) nella spirale dello scontro
etnico, diversi vescovi cattolici e di altre confessioni cristiane denunciano la strumentalizzazione
dell’etnicità a fini politici. Secondo quanto riporta il Sudan’s Catholic Radio Network,
mons. Erkulano Lodu Tombe, vescovo di Yei, ha rivolto un appello ai soldati della
locale caserma ad evitare di ascoltare la voce di alcuni politici che istillano confusione
e divisione negli animi. Gli ha fatto eco mons. Elias Taban, vescovo della Chiesa
evangelica presbiteriana di Yei, che ha affermato che “alcuni traditori sud sudanesi
intendono promuovere il tribalismo per lasciare il Paese sottosviluppato”. I leader
religiosi cristiani hanno inoltre scritto una lettera comune. Definendosi “membri
nativi delle comunità Dinka e Nuer” i vescovi e i tutti i membri del clero, affermano
di “identificarsi non come rappresentanti di tribù o di denominazioni (religiose)
ma come leader e rappresentanti della Chiesa e del Corpo di Cristo”. Nell’esprimere
dolore per le violenze a Juba e nello Stato di Jonglei, gli estensori della lettera
affermano di “condannare e di correggere le affermazioni dei media che affermano che
la violenza deriva da un conflitto tra le tribù Dinka e Nuer. Quello che è accaduto
non deve essere descritto come un conflitto etnico. Vi sono piuttosto contrasti politici
tra il Sudan People’s Liberation Movement (Splm) Party, e i leader politici del Sud
Sudan”. I leader religiosi denunciano gli episodi di uccisione su base etnica e fanno
appello ai politici di smettere di incitare gli animi alla violenza e di operare invece
per la pace e la riconciliazione. Sul fronte umanitario circa 5mila persone sono rifugiate
nella cattedrale di Juba, capitale del Sud Sudan. Il vescovo ausiliare di Juba, Mons.
Santo Loku Pio Doggale ha detto che i rifugiati dormono all’aria aperta e che molti
di loro, tra cui diversi bambini, hanno contratto malattie. La presenza di un così
alto numero di persone in uno spazio non attrezzato sta inoltre creando gravi problemi
sanitari, e vi è il rischio dell’esplosione del colera. (R.P.)