2013-12-21 14:38:19

Siria: al lavoro per "Ginevra 2", grande preoccupazione per i rapiti nel Paese


Sempre tesa la situazione in Siria, mentre la comunità internazionale è al lavoro per la conferenza di Pace, cosiddetta "Ginevra 2", che si svolgerà il 22 gennaio. In forse la partecipazione dell’Iran e di tutte le anime che compongono l’opposizione siriana. Intanto, sarebbe di almeno 15 vittime e decine di feriti il bilancio provvisorio di un bombardamento aereo del governo siriano su una localita' a ridosso delle Alture del Golan. Ucciso, poi, ad Aleppo, anche un fotografo siriano freelance, che lavorava per l'agenzia Reuters. E cresce la preoccupazione per la sorte delle suore rapite nelle scorse settimane nella zona di Maalula, nel sud-ovest del Paese. Silenzio sugli altri rapimenti di religiosi, due vescovi e tre sacerdoti, tra cui anche il gesuita padre Paolo dall’Oglio. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, dell’Ansa di Beirut:RealAudioMP3

R. - È molto difficile essere sicuri che il religioso, il prete, o la suora siano effettivamente in quel luogo e detenuti da quella brigata, o da quel gruppo. In questo senso, l’insieme di religiosi rapiti in Siria è un insieme molto molto composito ed è difficile fare un discorso unico; lo stesso discorso sul mandante e sulla ragione per cui vengono rapiti non sempre è lo stesso. La maggior parte dei casi, come avviene per tutti gli altri rapiti in Siria – ormai se ne contano a migliaia e la maggior parte sono laici, civili – avviene per questioni di denaro: i gruppi militari, le milizie - non soltanto quelle ribelli ma anche quelle che fanno parte del fronte lealista - cercano di autofinanziarsi con queste operazioni. In altri casi, si tratta di rapimenti politici: rapire un prete ortodosso che idealmente viene considerato vicino alla Chiesa russa e alla politica di Mosca in Medio Oriente, quindi favorevole al regime, può avere una valenza politica piuttosto che soltanto economica.

D. – In ogni caso, i rapiti come merce di scambio...

R. – Sì, i rapiti come merce di scambio sia economica che politica e non è ovviamente una questione che riguarda soltanto la Siria o che riguarda solo i religiosi che vengono rapiti in Siria. In questa situazione, anche se fossimo sul territorio, è davvero difficile orientarci in un ginepraio di sigle e di formazioni che spesso nascono la mattina e la sera già sono fuse in altre sigle, o sono completamente strumentalizzate da attori politici non sempre locali. Purtroppo ci scontriamo con una “nebbia” molto densa che ci rende tutti impotenti: i giornalisti in Siria ormai rischiano la vita, quindi non mettono più in pericolo loro stessi per cercare di capire chi rapisce chi.

D. – Come valutare il silenzio ed il tanto tempo che sta passando per alcuni casi come quello di padre Dall’Oglio?

R. – Non è l’unico caso per cui c’è molto silenzio, ci sono anche giornalisti occidentali rapiti da quasi un anno più di Dall’Oglio. Nei casi di alcuni giornalisti rapiti, che si crede siano nelle mani del regime, si presume che il regime non abbia interesse in questo momento a far conoscere le sorti del rapito. Analogamente nel caso dei qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante - che secondo le informazioni più aggiornate ancora detengono padre Polo Dall’Oglio. La loro struttura, ben organizzata e gerarchica, è anche molto impermeabile ad infiltrazioni e a tentativi di defezioni. Quindi, è anche molto difficile dall’interno che qualcuno faccia trapelare informazioni, o dall’esterno che qualcuno riesca a trovare un canale giusto per negoziare. Credo, come osservatore della questione siriana, che la capacità organizzativa e l’impermeabilità della struttura di questo gruppo qaedista renda molto difficile l’accesso a informazioni credibili e verificabili sulla sorte di padre Polo Dall’Oglio. Chi lo detiene ha comunque interesse affinché il silenzio rimanga: più il silenzio rimane, più il tempo passa, più il prezzo politico o economico della sua liberazione si alza.







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