Il Papa alla Curia: servire la Chiesa con santità e senza chiacchiere, non sia dogana
burocratica
Professionalità, servizio e santità. Sono queste le tre caratteristiche che dovrebbe
avere chi lavora alla Curia Romana. A sottolinearlo è stato sabato Papa Francesco
nel suo primo discorso proprio alla Curia, in occasione degli auguri natalizi. Il
Papa ha quindi messo in guardia dalla chiacchiere che, ha avvertito, “danneggiano
la qualità delle persone, del lavoro e dell’ambiente”. E ha aggiunto: non siate una
“dogana burocratica”, che non permette l’azione dello Spirito Santo. L'indirizzo d'omaggio
al Papa è stato rivolto dal cardinale decano, Angelo Sodano. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
Riconoscenza
e gratitudine. Il discorso di Papa Francesco alla Curia Romana è iniziato con l’espressione
di questi sentimenti per chi lavora ogni giorno al servizio della Chiesa. E subito
ha rivolto un saluto speciale a mons. Pietro Parolin, neo-segretario di Stato, che,
ha detto, “ha bisogno delle nostre preghiere”. Mentre ci avviciniamo al Natale, ha
proseguito, “è bello dare spazio anche alla gratitudine tra noi”:
“E io
sento il bisogno, in questo mio primo Natale da Vescovo di Roma, di dire un grande
‘grazie’ a voi, sia a tutti come comunità di lavoro, sia a ciascuno personalmente.
Vi ringrazio per il vostro servizio di ogni giorno: per la cura, la diligenza, la
creatività; per l’impegno, non sempre agevole, di collaborare nell’ufficio, di ascoltarsi,
di confrontarsi, di valorizzare le diverse personalità e qualità nel rispetto reciproco”.
In
modo particolare, ha soggiunto, “desidero esprimere la mia gratitudine a coloro che
in questo periodo terminano il loro servizio e vanno in pensione”. Sappiamo bene,
ha precisato, che “come sacerdoti e vescovi non si va mai in pensione, ma dall’ufficio
sì, ed è giusto, anche per dedicarsi un po' di più alla preghiera e alla cura delle
anime, incominciando dalla propria!”. Il grazie speciale del Papa è andato a chi ha
lavorato in Curia “per tanti anni e con tanta dedizione, nel nascondimento”:
“Questo
è veramente degno di ammirazione. Io ammiro tanto questi monsignori che seguono il
modello dei vecchi curiali, persone esemplari... Ma anche oggi ne abbiamo! Persone
che lavorano con competenza, con precisione, abnegazione, portando avanti con cura
il loro dovere quotidiano”.
“Da questo modello e da questa testimonianza
– ha aggiunto – ricavo le caratteristiche dell’officiale di Curia, e tanto più del
Superiore, che vorrei sottolineare: la professionalità e il servizio”:
“La
professionalità, che significa competenza, studio, aggiornamento… Questo è un requisito
fondamentale per lavorare nella Curia. Naturalmente la professionalità si forma, e
in parte anche si acquisisce; ma penso che, proprio perché si formi, e perché venga
acquisita, bisogna che ci sia dall’inizio una buona base”.
E la seconda
caratteristica è il servizio, “servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale
e alle Chiese particolari”. Nella Curia Romana, ha affermato, “si respira in
modo speciale proprio questa duplice dimensione della Chiesa, questa compenetrazione
tra universale e particolare”. Parole corredate da un avvertimento:
“Quando
non c’è professionalità, lentamente si scivola verso l’area della mediocrità. Le pratiche
diventano rapporti di cliché e comunicazioni senza lievito di
vita, incapaci di generare orizzonti di grandezza. D’altra parte, quando l’atteggiamento
non è di servizio alle Chiese particolari e ai loro Vescovi, allora cresce la struttura
della Curia come una pesante dogana burocratica, ispettrice e inquisitrice, che non
permette l’azione dello Spirito Santo e la crescita del popolo di Dio”.
A
queste due qualità, professionalità e servizio, il Papa ha aggiunto una terza: “la
santità della vita”. Sappiamo bene, ha detto, che “questa è la più importante nella
gerarchia dei valori. In effetti, è alla base anche della qualità del lavoro, del
servizio”:
“Santità significa vita immersa nello Spirito, apertura del
cuore a Dio, preghiera costante, umiltà profonda, carità fraterna nei rapporti con
i colleghi. Significa anche apostolato, servizio pastorale discreto, fedele, portato
avanti con zelo a contatto diretto con il Popolo di Dio”.
“Questo – ha
ribadito – è indispensabile per un sacerdote”. “E vorrei direi qui – ha aggiunto a
braccio - che nella Curia Romana ci sono stati e ci sono Santi! E lo ho detto pubblicamente
più di una volta per ringraziare il Signore”. Quindi ha proseguito: “Santità nella
Curia significa anche obiezione di coscienza alle chiacchiere!”:
“Noi giustamente
insistiamo molto sul valore dell’obiezione di coscienza, ma forse dobbiamo esercitarla
anche per difenderci da una legge non scritta dei nostri ambienti che purtroppo è
quella delle chiacchiere. Allora facciamo tutti obiezione di coscienza; e badate che
non voglio fare solo un discorso morale! Perché le chiacchiere danneggiano la qualità
delle persone, danneggiano la qualità del lavoro e dell’ambiente”.
Il Papa
ha concluso il suo discorso volgendo lo sguardo a San Giuseppe “così silenzioso e
così necessario accanto alla Madonna”. “Pensiamo a lui – ha detto – alla sua premura
per la sua Sposa e per il Bambino”. Questo, ha soggiunto, “ci dice tanto sul nostro
servizio alla Chiesa! Allora viviamo questo Natale spiritualmente vicini a san Giuseppe”:
“Vi ringrazio tanto per il vostro lavoro, e soprattutto per le vostre preghiere.
Davvero mi sento ‘portato’ dalle preghiere, e vi chiedo di continuare a sostenermi
così. Anch’io vi ricordo al Signore e vi benedico, augurando un Natale di luce e di
pace a ciascuno di voi e ai vostri cari. Buon Natale!”