Crèche di Betlemme, Gesù nasce ogni giorno per i bambini palestinesi abbandonati
Nel corridoio della Crèche di Betlemme i bambini siedono attorno all’albero, per molti
di loro, di religione musulmana, è una novità, non sanno cosa sia, tantomeno sanno
cosa sia il Natale. Nonostante questo, però, i canti li conoscono, e le luci natalizie
sono una festa per tutti. La Crèche è il solo istituto nei territori palestinesi abilitato
all’accoglienza di bambini abbandonati. Attualmente sono 42 i piccoli ospitati, tra
loro anche casi sociali affidati dalla polizia palestinese, perché sottoalimentati,
picchiati, o testimoni della tragica morte dei genitori. Oltre a loro, vi sono 65
bambini esterni che frequentano la scuola materna. Ad occuparsi della Crèche e dei
bambini sono quattro Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli. Francesca Sabatinelli,
a Betlemme, ha incontrato una di loro, l’unica italiana, suor Maria Rosaria Mastino:
R. – Da quando
c’è il muro, la situazione a Betlemme è molto peggiorata, moralmente e anche spiritualmente,
non c’è più rispetto. Lo stesso papà molte volte non rispetta la figlia. Ci sono aggressività
e violenza e queste ragazze sono quelle che ne subiscono le conseguenze. La maggior
parte dei neonati sono bambini nati da incesto, innocenti cui è negato il diritto
naturale, il diritto più importante, qual è quello di avere una mamma e un papà. La
‘Crèche’ è un’opera che vive prevalentemente di Provvidenza. Tutti i giorni, anche
a piccole gocce, la Provvidenza è sempre presente, anche dalle famiglie di Betlemme,
famiglie che noi stesse non conosciamo. Per esempio, tre o quattro volte al mese,
davanti alla porta, troviamo il pane caldo ancora nelle buste di nylon e non sappiamo
chi lo abbia messo. La Provvidenza non abbandona questi bambini. Questa è l’unica
opera in tutta la Palestina che riceve bambini da zero a sei anni. Dopo i sei anni,
una parte va nel villaggio Sos, e l’altra parte, i casi sociali, rientrano nelle loro
famiglie o vanno in altre istituzioni.
D. – Voi avete bisogno di molte cose...
R.
– Certo, noi abbiamo bisogno di tante cose. I bambini hanno anche bisogno di cure.
C’è, per esempio, un fisiatra che viene tre volte alla settimana, perché i nostri
bambini sono tutti particolari e mancano della cosa più importante: la mamma. Noi,
nonostante tutto il nostro affetto, le nostre cure, non possiamo mai rimpiazzare la
mamma. Bisogna capire che questo è un dramma, un trauma per questi neonati, che sentono
da piccolini che c’è qualcosa che manca loro. Hanno bisogno di sentire il calore umano
da neonati e quando sono grandi lo esprimono in altro modo, a volte sono anche aggressivi.
Hanno bisogno di affetto. Ci sono bambini che si affezionano e bisogna stare molto
attenti a non commettere parzialità.
D. – Ma questi bambini che problemi di
salute mostrano?
R. – Non è che siano bambini ammalati, sono, però, bambini
molto delicati, non hanno anticorpi e quindi non hanno difese. Il periodo invernale,
per esempio, bisogna stare attenti con i neonati e quando arrivano dei gruppi di visitatori
non li facciamo più entrare, per evitare che ci siano contatti. I nostri bambini non
hanno difese, come hanno i bambini “normali”.
D. – Ci sono bimbi che mostrano
forti patologie cardiache...
R. – Sì, ce ne sono. Specialmente i bambini nati
da incesto, sono sempre esposti a dei pericoli.
D. – Voi aiutate le mamme che
devono nascondersi, perché hanno portato a termine una gravidanza fuori dal matrimonio.
Cosa succede?
R. – Queste donne vengono clandestinamente, a volte di nascosto
dai genitori, a volte accompagnate anche dai genitori. Chiedono protezione. Non vogliono
abortire e allora si cerca di collaborare con i medici del centro di neonatologia
e ginecologia, gestito dall’Ordine di Malta (Holy Family Hospital di Betlemme N.d.R.).
I ginecologi visitano la ragazza e poi le danno consigli, in modo che la gravidanza
abbia un suo percorso normale. O, a volte, quando queste ragazze non possono stare
in famiglia, vengono e si rifugiano qui da noi.
D. – Lei accennava a quanto
il muro abbia peggiorato la situazione. La costruzione va avanti, così come continuano
a nascere gli insediamenti. Qual è la situazione oggi per chi vive nella Cisgiordania?
D.
– La situazione va sempre peggiorando: manca la libertà. Ci sono controlli dappertutto.
Anche queste ragazze, prima venivano da noi, ma adesso non possono più venire, perché
essendoci il muro hanno bisogno di un lasciapassare, di un permesso. Per avere un
permesso bisogna aspettare cinque, sei mesi e a volte anche un anno. Quindi queste
povere ragazze, non potendo più venire qui a Betlemme, partoriscono come possono e
dove possono, clandestinamente. Tutto va bene, se la polizia arriva in tempo. E non
sono casi sporadici, ma molto, molto frequenti, di cui a volte neppure noi sappiamo
nulla. Nonostante tutte le difficoltà, qui alla Crèche il piccolo Gesù nasce tutti
i giorni. Qui la vita continua.