Appello del Papa alla valorizzazione del patrimonio culturale italiano: il commento
del prof. Buranelli
“L’Italia è sempre stata nel mondo sinonimo di cultura, di arte, di civiltà”: lo ha
detto ieri il Papa ricevendo le rappresentanze diplomatiche italiane. In effetti nel
Belpaese sono presenti la maggior parte dei siti – ben 49 – considerati Patrimonio
dell’umanità dall’Unesco. Per un commento alle parole del Santo Padre e per sapere
se gli italiani s’identificano ancora nelle proprie risorse culturali, Roberta
Barbi ha intervistato il prof. Francesco Buranelli, archeologo e storico
dell’arte, del Pontificio Consiglio della Cultura:
R. – Ha espresso
un sentire comune a tutti noi italiani. È un elemento per dimostrare quanto non solo
il bello sia un elemento aggiuntivo della nostra cultura, ma il bello porta il buono
e arriva una massima spiritualità che è proprio l’essenza naturale del nostro essere
italiani. Ogni popolazione ha un quid che la identifica: per noi italiani è il bene
culturale. Questo è veramente un grande incitamento a quello che Papa Francesco ha
detto fin dall’inizio del suo Pontificato: difendiamo il Creato, difendiamo il nostro
ambiente, difendiamo la natura, difendiamo l’uomo che è il centro del Creato e che
crea, a sua volta, il bene culturale.
D. – Papa Francesco ha sottolineato anche
che l’Italia “ha una carta in più da giocare: quella del patrimonio cultuale” e che
la valorizzazione di tale patrimonio va a vantaggio del bene comune. Le politiche
culturali come possono aiutare il Paese in questo periodo di crisi?
R. – I
tecnici hanno bisogno indubbiamente dell’appoggio politico; nello stesso tempo i politici
devono valorizzare, favorire l’opera minuziosa, eccellente di tanti tecnici che operano
sul territorio. In più, però, ci vuole una popolazione cosciente, una gioventù partecipe,
attiva anche nel dettaglio della difesa di questo patrimonio. La particolarità italiana
è che è un patrimonio distribuito su tutto il territorio: non è concentrato. Siamo
chiamati noi stessi a tutelarlo, a valorizzarlo e a promuoverlo.
D. – Siamo
tutti coinvolti, insomma?
R. – Assolutamente! Perché non dobbiamo dire: “Beh,
i politici non ci danno i soldi, i tecnici sono i soliti statalisti …”. È tutto un
insieme che noi dobbiamo valorizzare per poi non far prevalere l’interesse personale,
ma il valore che questi oggetti hanno all’interno della nostra società e della nostra
cultura.
D. – Oltre agli investimenti, infatti, c’è anche un altro aspetto
della questione: quello legato ai consumi culturali che, secondo l’Istat, nel 2013
sono ulteriormente calati. È sempre e solo colpa della crisi?
R. – È colpa
della sensibilità delle persone e dell’opinione pubblica. Non solo la valorizzazione
del bene culturale, ma pure i media: quanta poca cultura trasmettono! Eppure, danno
un taglio della nostra società che deve recuperare quello che i nostri genitori ci
hanno insegnato e ci hanno lasciato. Siamo forse un po’ troppo distratti e proiettati
verso altri traguardi; non dobbiamo però dimenticare le nostre radici e il Papa oggi
ce le ha richiamate.