Napolitano ai militari all'estero: ottimo l'aiuto fornito anche alle popolazioni civili
I militari italiani impegnati nelle missioni all’estero hanno ricevuto ieri gli auguri
di Natale in videoconferenza dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, presso
il Centro Operativo Interforze di Roma. Per noi c’era Elvira Ragosta:
Accompagnato
dal ministro della Difesa Mauro, il presidente Napolitano ha salutato in videoconferenza
i militari dei teatri operativi in cui l’Italia è presente con il maggior numero di
soldati: Afghanistan, Libano, Kosovo, Somalia e Libia. Agli oltre 3500 militari il
presidente ha fatto gli auguri di Natale, complimentandosi per il lavoro svolto nell’ultimo
anno soprattutto in una delle zone più delicate, l’Afghanistan, dove entro il 2014
è previsto il ritiro della missione Nato Isaf. E ai due marò, La Torre e Girone, collegati
dall'ambasciata italiana in India, Napolitano ha detto: “Tutto il Paese è vicino a
voi che siete esposti alle incognite di una vicenda drammatica e tortuosa”. Poi il
presidente si è soffermato sugli aspetti civili delle missioni, il lavoro che i militari
italiani fanno a sostegno delle popolazioni locali, favorendo la scolarizzazione e
contribuendo alla ricostruzione culturale e logistica. Su questo abbiamo ascoltato
il colonnello Giovanni Iannucci, capo divisione operazioni del Comando interforze:
R.
- Il lavoro delle nostre missioni e operazioni in qualche modo è sempre finalizzato
a portare aiuto, portare rilievo alla popolazione. Questo, qualche volta, può avvenire
in modo diretto, come nel caso dei disastri naturali, o in altre occasioni come è
accaduto recentemente nelle Filippine, in prima persona, in prima battuta, dove portiamo
aiuti immediati, quali medicinali, cibo, trasporto. In altri casi, in missioni più
classiche, se vogliamo, come l’Afghanistan o come il Libano, noi tendiamo a ripristinare
le condizioni di sicurezza per consentire a quel Paese di gestire in prima persona,
il loro stesso Paese. Quindi, agiamo sempre e comunque, a favore della popolazione,
perché questo è il mandato che riceviamo dallo Stato, dalla nazione e ovviamente dalle
risoluzioni delle Nazioni Unite che costituiscono la base legale dei nostri interventi.
D.
- Nel caso dei Paesi che escono da una guerra, nei vostri progetti l’attenzione va
nei confronti dei minori, dei bambini: c’è un progetto che nel corso di quest'anno
è andato particolarmente a buon fine?
R. - Lei ha toccato un punto particolarmente
importante e anche di grande attualità. L’attenzione c'è – mi permetto di dire – non
solo nei confronti dei minori, ma in generale delle persone che a qualsiasi titolo
o per motivi sessuali o perché bambini sono discriminati, oppure sono stati sottoposti
e sono sottoposti a condizioni di particolare violenza e sottomissione. Questo costituisce
per noi – e per noi intendo Comunità internazionale, quindi Nato, Nazioni Unite –
e in particolare per noi italiani un motivo di grandissima attenzione. In tal senso,
le direi che un po’ in tutte le operazioni, ma soprattutto in alcuni Paesi che storicamente
e culturalmente hanno visto questo tipo di problematiche, l’Afghanistan ne è un esempio
tipico, c’è molta attenzione nei confronti dei bambini ma anche delle donne.
D.
- L’ Italia negli ultimi anni è diventata famosa per la sua Italian way in ambito
militare internazionale; un approccio molto più umano da parte dei militari italiani,
cosa che ci è stata riconosciuta, ad esempio, per esperienze come il Libano e la Somalia.
Quanto è ancora importante e quanto è ancora un motivo di orgoglio questo?
R.
- Continua ad essere così. Credo sia una sorta di approccio culturale – se vogliamo
– che ci viene naturale: il bilanciamento tra le esigenze militari operative classiche
che ci accomunano a tutti i colleghi degli altri Paesi, con una grande attenzione
anche all’aspetto umano della società e delle persone in difficoltà.