2013-12-19 14:58:21

Sud Sudan: sanguinosi scontri tra esercito e ribelli. Oltre mille morti negli ultimi giorni


In Sud Sudan è guerra civile a tutti gli effetti. Nelle ultime ore la situazione è precipitata al punto tale che addirittura l’Onu ha affermato di aver perso i contatti con la base di Akobo.
Al centro delle violenze anche la popolazione civile. Il servizio di Giulio Albanese: RealAudioMP3
Alcune persone sarebbero state prese in ostaggio da miliziani di etnia nuer, fedeli all’ex vice presidente Riek Machar. Si temono vittime, ma la notizia non è stata ancora confermata né si hanno numeri. Probabilmente, l’obiettivo dell’attacco potrebbero essere proprio i civili che hanno cercato rifugio nella base di Akobo, tutta gente di etnia denka, la stessa alla quale appartiene il presidente Salva Kiir.
Intanto, la città di Bor, a nord di Juba, è nelle mani dei seguaci di Machar, che ha definito un dittatore il suo rivale Salva Kiir, affermando che con lui potrà soltanto trattare le condizioni di una sua abdicazione. E ha poi sollecitato tutto l’Esercito per la liberazione popolare del Sudan (Spla) a ribellarsi per destituirlo.

A spiegare qual'è attualmente la situazione è fra Antonio Ferreira, missionario comboniano che opera nella regione dal 2010. RealAudioMP3

R. - This population has come out not...
Questa popolazione è uscita da una guerra non da molti anni e nella sua mente, nel profondo della sua mente, è un ricordo molto fresco questa situazione di fuga dalle armi, dagli spari. E quando qui tutto questo è cominciato, la reazione è stata esattamente quella del sopravvivere. Molte persone stanno vivendo tutto questo in maniera molto forte. Non si può dire quale sia il sentimento. Il sentimento è davvero quello della fuga dalle armi, dai luoghi in cui avvengono gli spari; si cerca di non essere colpiti lì in mezzo. Alcuni stanno già lasciando la città. Quando nel pomeriggio la situazione è più calma, la gente comincia ad uscire dalla città. Ogni giorno, ora vedo che le persone prendono autobus, camion e ogni mezzo e si dirigono verso i loro villaggi, fuori della città.

D. - C’è mancanza di cibo o di altri beni essenziali a causa dei combattimenti?

R. - Up to now no...
Non finora, perché il mercato ha funzionato. Quello che sta succedendo è che molti stanno chiudendo. Hanno cominciato a chiudere per paura. Vogliono scappare. In molti quindi hanno già chiuso i negozi e sono andati via. E questo è ciò che provoca la scarsità del cibo e dei beni che erano disponibili.

D. - Abbiamo appena sentito che l’Uganda si è offerta come mediatrice in questo conflitto. Pensa che questo possa dare un barlume di speranza?

R. - I think all the...
Penso che tutte le possibilità di mediazione siano buone. Se l’Uganda potesse essere d’aiuto, penso sarebbe una benedizione. Non ne abbiamo sentito parlare, forse si tratta di una notizia fresca. Noi sapevamo che i vescovi di diverse denominazioni cristiane si erano offerti come mediatori tra i due gruppi adesso in conflitto.

D. - Le persone presenti lì e la Chiesa stanno cercando di mediare, perché hanno paura che i combattimenti potrebbero avvenire tra le varie etnie, tra i Dinka e i Nuer...

R. - I think what is going on…
Penso che quello che sta succedendo sia proprio questo. Non si sta affrontando la questione. Quello che è uscito da questo messaggio, inviato dai vescovi delle diverse denominazioni cristiane, è stato proprio questo: che se affrontiamo la questione solo come conflitto tribale, sarà un disastro, com’è sempre stato. Le tribù sono sempre state la causa delle divisioni tra i diversi gruppi in Sud Sudan.







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