Presentata la 46.ma Marcia della pace di Campobasso. Mons. Bregantini: serve fraternità
“Fraternità fondamento e via per la pace” sarà il tema della 46.ma Marcia per la pace,
che si svolgerà il prossimo 31 dicembre a Campobasso. L’iniziativa, presentata questa
mattina nella Sala Marconi della Radio Vaticana, è promossa dalla Conferenza episcopale
italiana (Cei), dalla Caritas, da Azione cattolica e Pax Christi. La marcia partirà
dalla nuova mensa Caritas del capoluogo molisano, per poi toccare altre tappe significative
come il carcere e l’università. Perché la scelta del Molise per questa iniziativa?
Ascoltiamo mons.Giancarlo Bregantini, arcivescovo della diocesi di
Campobasso-Bojano e presidente della Commissione Lavoro, Giustizia e Pace della Cei,
al microfono di Marina Tomarro:
R. – E’ una
regione periferica. Proprio per questa ragione: come periferia di un’Italia piccola,
minore ma vivace e interessante. Questo è il messaggio che noi vogliamo dire: anche
dalle realtà più semplici può venire un messaggio di grande coraggio e di speranza.
D.
– Ci saranno due tappe particolarmente significative: una, durante all’Università
degli Studi del Molise, l’altra davanti al carcere. Perché queste scelte?
R.
– Perché se nelle aule scolastiche non si parlerà più di Grande Guerra ma di inutile
strage, sarà già il passaggio culturale più importante. E poi il carcere perché lì,
veramente, di fatto, vedi la non-fraternità. Finché uno Stato non si occupa o non
si preoccupa di dare speranza, e con modalità differenti, alla tematica del carcere,
non riusciremo mai a creare le condizioni della pace.
D. – La Croce che aprirà
la marcia viene da Lampedusa ed è stata fatta con dei pezzi di legno appartenenti
a dei barconi affondati. Che significato vuole avere?
R. – La Croce di Lampedusa
ci ricorderà il dramma “Dov’è tuo fratello?”. Lì, il Papa già a Lampedusa ha detto:
“C’è la risposta di Caino che dice: sono forse io il custode di mio fratello?”. Ecco,
quando rispondiamo così, la pace non è costruita, perché non c’è fraternità. La risposta
da dare, invece, è quella di Gesù che sulla croce riconcilia in sé, nel suo corpo,
i due popoli che hanno costruito l’umanità.
D. – In un momento in cui l’Italia
è attraversata dalle proteste dei "forconi", che significato può avere la marcia per
la pace?
R. – Secondo me, è un’occasione per riflettere sui loro drammi, sulle
posizioni che loro portano. Ovviamente, non da condividere nei metodi. Ma nelle istanze,
nelle paure, nella drammaticità sono realtà che ci fanno molto, molto pensare, ci
interpellano. Ora, la marcia non è risposta, ma è modalità con cui io ascolto il dramma
dei carcerati, i giovani nell’Università, i ragazzi che cercano lavoro e la gente
che vuole giustizia, uno Stato che dev’essere efficiente. Letta così, la marcia non
è una passeggiata, ma è un’operazione culturale, spirituale innovativa, di profonda
vicinanza a chiunque soffra.
E anche l’Azione Cattolica parteciperà alla marcia
per la pace. Il segretario generale, Luigi Borgiani:
"Credo che soprattutto
questa edizione voglia raccontare che il principio della fraternità sia fondamentale,
se noi vogliamo veramente realizzare una famiglia umana così come dice Papa Francesco,
così come è stato detto anche dai suoi predecessori. Quindi, noi crediamo che proprio
l’atteggiamento fraterno, il sentirsi figli di un unico Padre, sia indispensabile
per aiutarci ad acquisire quella responsabilità di cui oggi la società manca per far
fronte non soltanto alla cosiddetta crisi ma anche a questo deficit di umanità che
c’è".