Accordo Putin-Janukovich: sconto sul gas russo e investimenti in titoli di Stato ucraini
Russia ed Ucraina hanno firmato martedì al Cremlino un importante accordo, fase preliminare
verso il libero scambio. A Kiev, intanto, l’opposizione pro-europeista continua la
protesta di piazza. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Forte sconto
temporaneo sul prezzo delle forniture del gas e promessa di acquistare eurobond
ucraini per un valore di 15 miliardi di dollari. Ecco in sintesi le due maggiori concessioni
del Cremlino al presidente Janukovich. Cosa Kiev si sia impegnata a dare in cambio
non è assolutamente chiaro. La paura delle opposizioni ucraine è che Janukovich stia
portando il Paese ad aderire all’Unione doganale, la “mini-Urss” economica, che Putin
sta costruendo. Non è al momento nemmeno tanto comprensibile quanto queste intese,
appena sancite con Mosca, possano essere compatibili con il Trattato di associazione
con l’Unione Europea. Diplomaticamente la partita appare sempre più complicata, mentre
la piazza, a Kiev, delusa, chiede le dimissioni di tutti. Insomma, elezioni anticipate
generali. Le opposizioni sono decise ad andare avanti ad oltranza. Tutta l’attenzione
è quindi rivolta ora allo scenario interno ucraino.
Per un’analisi della
situazione Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento del prof. Aldo
Ferrari, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e responsabile ricerche Ispi su
Russia, Caucaso e Asia Centrale:
R. – L’Unione
Europea ribadisce: “Porte aperte”, ma questa associazione dell’Ucraina avrebbe costi
altissimi. Il Paese non è preparato, non è in grado di sostenere questi accordi con
l’Ue e non si capisce quanto l’Unione Europea sarebbe disposta a investire politicamente
e soprattutto economicamente. Di fronte a questa ambiguità, la Russia costituisce
una opzione diversa, più tradizionale ma economicamente valida, nel senso che quello
che è stato fatto a livello di prestito e soprattutto l’agevolazione sui costi del
gas è qualcosa di molto pratico, molto corrispondente agli immediati bisogni economici
dell’Ucraina. Ovviamente, c’è una questione più ampia: il Paese è indeciso, è incerto,
è spaccato su queste due opzioni.
D. – L’espressione di questa dualità del
Paese si vede riflessa anche nei ruoli del premier e del presidente, che sembrano
in contrasto…
R. – Non esprimono in maniera chiarissima una linea politica
perché non solo la dirigenza, ma lo stesso Paese non è in grado di esprimerla. Molto
spesso si ha l’impressione che il potere sia contro l’intera popolazione. In realtà,
la popolazione è politicamente divisa a metà e chi guida il Paese, sia a livello presidenziale
sia a livello di primo ministro, fa fatica a rappresentarne entrambe le anime. La
questione fondamentale è che l’Ucraina non deve diventare un campo di battaglia tra
Federazione russa e Unione Europea, ma il luogo di una collaborazione necessaria.
Entrambe le realtà ne hanno bisogno, ma soprattutto ne ha bisogno l’Ucraina per uscire
da una situazione difficilissima.
D. – Altrimenti, rischia di essere stritolata
tra queste due realtà, in sostanza?
R. – Di essere lacerata tra queste due
spinte opposte, entrambe – se vogliamo – illegittime perché provengono dall’esterno.
Dovrebbe essere l’Ucraina a scegliere liberamente in che direzione andare. Ma non
è che le pressioni russe siano più illegittime di quelle europee o statunitensi: sono
pressioni esterne che vanno a forzare la scelta di un Paese che dovrebbe avere la
capacità, la forza di scegliere autonomamente. E questo pare non sia ancora possibile.
D.
– Le leve utilizzate sono l’Europa, la speranza di un futuro migliore. Una stabilità
economica e un sostegno per quanto riguarda, invece, la Russia…
R. – Per un
Paese che ha serissimi problemi economici, la scelta è piuttosto chiara: forse non
corrispondente alle idealità, ai sogni di buona parte della popolazione, ma corrispondente
alla realtà. E’ pronta l’Unione Europea a mettere sul piatto lo stesso tipo di appoggio?
Ne è capace? Ne ha la possibilità? Non credo proprio. Quindi, l’Unione Europea in
tutto questo è più un miraggio che una realtà; la Russia, una realtà. E da questo
punto di vista, la scelta della dirigenza ucraina può forse non soddisfare sicuramente
gran parte degli ucraini, può non soddisfare l’Unione Europea ma sembra essere razionale.
D.
– Sulla questione, l’Unione Europea prima ha chiuso poi ha aperto le porte: il ministro
degli esteri dell’Ue, Ashton, ha ribadito che non sono in pericolo i rapporti con
la Russia, come a evitare proprio delle tensioni…
R. – E’ un momento delicato
e quello ucraino è un ennesimo braccio di ferro con l’Unione Europea, laddove però
la politica della Russia è più coesa, più coerente, rappresenta un’esigenza tradizionale
di uno Stato forte, le cui operazioni sono discutibili finché si vuole ma che ha una
politica chiara, laddove l’Unione Europea si muove in maniera confusa: si sente chiaramente
che dietro non c’è una linea politica unitaria, chiara.