Tunisia. Manifestazioni di piazza nel terzo anniversario della rivoluzione dei gelsomini
Terzo anniversario, ieri, in Tunisia della morte di Mohamed Bouazizi, il venditore
ambulante che, a 26 anni, si diede fuoco nella città di Sidi Bouzid per contestare
il regime di Ben Ali, caduto poco dopo. Quel gesto estremo diede avvio alla rivoluzione
dei gelsomini e alle cosiddette “primavere arabe”. Oggi, manifestazioni a Tunisi contro
il governo. Il Paese sta ancora scrivendo la propria Costituzione, è in difficoltà
economica, ha da poco nominato un premier di transizione, mentre attende le elezioni
del prossimo anno. Ma cosa vuol dire parlare di democrazia nei Paesi interessati dalla
"primavera araba"? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al prof.Roberto
Tottoli dell’Università Orientale di Napoli e coautore del libro, pubblicato da
Editrice La Scuola, “L’Autunno delle primavere arabe”:
R. - Significa
aspettarsi sicuramente anni di contrapposizioni anche molto forti e una lotta politica
nuova, diversa, sicuramente più libera, ma con molti problemi rispetto a quella che
era la grande stabilità dei regimi precedenti. Ma in Tunisia, come anche in Egitto,
è evidente che decenni di repressione di espressione politica determinano una situazione
di grande instabilità, che può preludere anche a situazioni molto complesse e in cui
anche l’espressione pienamente democratica è difficile.
D. - Le spinte dei
salafiti, i Fratelli musulmani e il dibattito politico in corso: il Paese sta andando
nella giusta direzione, secondo lei?
R. - Sì, anche se la situazione è molto
difficile. Anche chi visita il Paese, vede un Paese profondamente diverso. Ma era
un percorso assolutamente inevitabile. Era ormai ineludibile la necessità di abbandonare
le ristrettezze dei regimi antidemocratici precedenti. E, una fase di grande turbolenza
era quanto mai prevedibile. Vedo nella Tunisia, comunque, forze molto attive che avranno
difficoltà nei prossimi anni davanti alle spinte delle forze religiose, ma con una
capacità maggiore che in altri Paesi musulmani di saper costruire un’idea futura che
sia democratica e che sappia, in qualche modo, venire a patti con le diverse realtà
del Paese.
D. - Egitto, Tunisia, Libia, Yemen, solo per fare alcuni esempi:
Paesi molto diversi, ma si può tracciare una linea di bilancio su quelle che sono
state le primavere arabe?
R. - Rimane una situazione politica più aperta, ma
con grossi dubbi sugli sviluppi futuri dovuti anche alla possibilità delle forze di
ispirazione religiosa - dalla Fratellanza musulmana più moderata, del salafismo più
estremo - di partecipare al dibattito politico. Queste forze, che in molti casi sono
maggioranze, generano una serie di problematiche nella costruzione delle nuove realtà
- certo con situazioni molto diverse da Paese a Paese - ma questa situazione politica
è proprio il frutto delle politiche di reislamizzazione o di ricentralizzazione del
fattore religioso, i cui sviluppi nessuno è in grado di capire ora, ma che per la
prima volta dopo decenni entrano nel gioco politico.
D. - Che cosa è successo
a livello di religione in questi Paesi?
R. - L’emergere con forza delle componenti
religiose della Fratellanza musulmana e del salafismo ha sicuramente messo in grossa
difficoltà quei Paesi che hanno importanti minoranze cristiane come l’Egitto e la
Siria stessa, che vive questa tragedia della guerra civile. Da un altro lato, la partecipazione
di queste forze - soprattutto da parte del salfismo che è movimento politico di netta
contestazione con i metodi della democrazia partecipativa - sollecita quella che è
la definizione stessa di nazione. Quindi, da questo punto di vista, il fattore religioso,
che non è il primo fattore nelle primavere arabe, è entrato direttamente a complicare
ancor più il quadro delle situazioni nazionali. Ma non poteva che essere così.
D.
- A tre anni dalla rivoluzione in Tunisia, si parla di record di disoccupazione e
di un clima di insicurezza generale. Come interpretare questi dati?
R. - Da
un lato, è causa dell’equilibrio precario economico col quale vivevano le realtà nazionali
precedenti e dall’altro l’instabilità successiva ha tagliato realtà come sicurezza,
turismo, che hanno ulteriormente aggravato la situazione economica.
D. - Da
una parte, c’è chi guarda i Paesi delle "primavere” con preoccupazione, dall'altra
chi con grande aspettativa. Qual è il suo punto di vista?
R. - Sono moderatamente
ottimista sul fatto che questi Paesi possano trovare in qualche modo la loro via,
e la stanno cercando anche in maniere molto diverse a sottolineare la specificità.
Certo, che questo moderato ottimismo non nasconde che anni di instabilità nel quadro
regionale saranno inevitabili e andranno a toccare direttamente anche quell’Europa
che si affaccia sul Mediterraneo.