Siria: ad Aleppo e Mosul i cristiani si preparano al Natale in un clima di paura
“Una strage impressionante che macchia la festa del Natale, ormai vicina”. È il commento,
rilasciato all'agenzia Sir, dell’arcivescovo melchita di Aleppo, mons. Jean-Clement
Jeanbart ai bombardamenti che, domenica scorsa, hanno provocato decine di morti nella
città contesa dai ribelli e dalle forze del Presidente Assad. “Da parte nostra - dice
il presule - cerchiamo di fare il possibile per infondere speranza alla gente perché
goda di quella gioia che la nascita di Gesù riesce a trasmettere. Ma non è facile”.
Mentre nelle zone periferiche della città si combatte duramente a colpi di artiglieria
in quelle più centrali la gente si muove di più e cerca di rimediare il necessario
per vivere. Non solo materialmente. “Per Natale ci aspettiamo molta affluenza - dichiara
- per questo motivo verrà raddoppiata la sicurezza. Le comunità cristiane in questi
giorni potrebbero diventare obiettivi di attentati terroristici. Pregheremo per la
pace e per i nostri fratelli di Maaloula, dove la situazione è drammatica” conclude
mons. Jeanbart che affida alla Conferenza di Ginevra 2, prevista nel prossimo gennaio,
la speranza di “decisioni utili che riconsegnino la Siria ai siriani”. Da Aleppo a
Mossul, altra città martire, ma irachena. Anche qui il Natale è accompagnato da una
lunga scia di sangue. “Ormai da qualche mese la situazione in città si è deteriorata
- racconta al Sir mons. Amel Shimon Nona, arcivescovo caldeo di Mosul - siamo tornati
al clima di paura e di insicurezza del 2005 e degli anni seguenti. Abbiamo paura ma
cercheremo comunque di festeggiare il Natale nelle nostre chiese e dentro le case”.
“Le strade, i negozi non hanno più il colore della festa, le luci sono scomparse -
continua l’arcivescovo - il clima che si respira è quello di un cambiamento dovuto
al fondamentalismo islamico che si è imposto dopo il 2003. Negli ambienti di lavoro,
nelle scuole, nelle strade, non c’è più il sentimento di convivenza di prima. Con
conseguenze evidenti: prima del 2003 in città vi erano settemila famiglie cristiane,
oggi meno di 1.200”. Anche a Mossul celebrazioni pomeridiane e mattutine per evitare
attentati. (R.P.)