2013-12-17 12:52:35

Siria: ad Aleppo e Mosul i cristiani si preparano al Natale in un clima di paura


“Una strage impressionante che macchia la festa del Natale, ormai vicina”. È il commento, rilasciato all'agenzia Sir, dell’arcivescovo melchita di Aleppo, mons. Jean-Clement Jeanbart ai bombardamenti che, domenica scorsa, hanno provocato decine di morti nella città contesa dai ribelli e dalle forze del Presidente Assad. “Da parte nostra - dice il presule - cerchiamo di fare il possibile per infondere speranza alla gente perché goda di quella gioia che la nascita di Gesù riesce a trasmettere. Ma non è facile”. Mentre nelle zone periferiche della città si combatte duramente a colpi di artiglieria in quelle più centrali la gente si muove di più e cerca di rimediare il necessario per vivere. Non solo materialmente. “Per Natale ci aspettiamo molta affluenza - dichiara - per questo motivo verrà raddoppiata la sicurezza. Le comunità cristiane in questi giorni potrebbero diventare obiettivi di attentati terroristici. Pregheremo per la pace e per i nostri fratelli di Maaloula, dove la situazione è drammatica” conclude mons. Jeanbart che affida alla Conferenza di Ginevra 2, prevista nel prossimo gennaio, la speranza di “decisioni utili che riconsegnino la Siria ai siriani”. Da Aleppo a Mossul, altra città martire, ma irachena. Anche qui il Natale è accompagnato da una lunga scia di sangue. “Ormai da qualche mese la situazione in città si è deteriorata - racconta al Sir mons. Amel Shimon Nona, arcivescovo caldeo di Mosul - siamo tornati al clima di paura e di insicurezza del 2005 e degli anni seguenti. Abbiamo paura ma cercheremo comunque di festeggiare il Natale nelle nostre chiese e dentro le case”. “Le strade, i negozi non hanno più il colore della festa, le luci sono scomparse - continua l’arcivescovo - il clima che si respira è quello di un cambiamento dovuto al fondamentalismo islamico che si è imposto dopo il 2003. Negli ambienti di lavoro, nelle scuole, nelle strade, non c’è più il sentimento di convivenza di prima. Con conseguenze evidenti: prima del 2003 in città vi erano settemila famiglie cristiane, oggi meno di 1.200”. Anche a Mossul celebrazioni pomeridiane e mattutine per evitare attentati. (R.P.)







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