Preoccupazione Usa per i missili di Mosca nell'enclave di Kaliningrad. Sull’Ucraina
incontro tra Putin e Janukovich
Preoccupazione degli Stati Uniti per la decisione di Mosca di dislocare batterie di
missili nell'enclave russa di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania, e lungo il confine
baltico. Tensione che si aggiunge alla crisi politica in Ucraina, oggi la firma tra
il presidente ucraino Janukovich e l’omologo russo Putin di un trattato bilaterale,
mentre da Bruxelles i ministri degli esteri ribadiscono le “porte aperte” per Kiev.
Giuseppe D’Amato:
L’attenzione
è ora tutta sull’incontro tra i presidenti Putin e Janukovich. E’ prevista la firma
di un trattato, ma cosa ci sia scritto nel documento non è stato reso noto. Il ministero
delle Finanze russo ha confermato l’esistenza di una trattativa con Kiev. Secondo
l’agenzia Bloomberg le due repubbliche ex sovietiche starebbero negoziando un prestito
da 15 miliardi di dollari: 5 subito, il resto successivamente. L’opposizione ucraina
teme che Janukovich si impegni ad far entrare il suo Paese nella nascente Unione Doganale
sotto l’egida il Cremlino. Anche il partito di Janukovich gli chiede un ampio rimpasto
di governo. Il premier Azarov compreso rischia adesso il posto. A Bruxelles intanto
russi ed europei hanno tenuto una riunione a livello di ministri degli Esteri. L’accordo
è di rispettare la sovranità di tutti, ucraina in testa, e di rafforzare i rapporti
bilaterali. L’Ue, comunque, conferma che le porte per Kiev restano aperte.
Per
un'analisi della situazione abbiamo raccolto il commento di Luigi Geninazzi,
inviato speciale di Avvenire ed esperto dell'area:
R. – Siamo in
una situazione parecchio confusa, anche se ci sono almeno due aspetti più leggibili.
Il primo è che il presidente Jakunovic, accingendosi a firmare l’accordo per l’associazione
all’Unione Europea, ritirandosi poi all’ultimo minuto, ha fatto capire che è un po’
sottoscacco da parte di Putin, da parte del Cremlino: quello che chiede, anche come
aiuto finanziario, all’Unione Europea non può ottenerlo, mentre Putin è pronto a scaglionare
l’elevato debito che l’Ucraina ha per il gas con la Russia e ad agevolarla finanziariamente,
dandole aiuti economici. Quindi è chiaro che Jakunovic sta cercando di giocare un
po’ su due tavoli, ma il problema è che c’è un terzo tavolo - che è ancora più tra
ballante - che è quello della politica interna. Stiamo assistendo ad un revival della
Rivoluzione arancione di 9 anni fa: il presidente Jakunovic è contestato a tutti i
livelli da una gran parte della popolazione e quindi è chiaro che il discorso dell’adesione
o meno all’Unione Europea è un motivo di polemica in un contesto di mancanza di libertà,
di corruzione crescente, di inefficienza delle strutture pubbliche, di crisi dell’economia
ucraina. Nella maggioranza della popolazione ucraina si vede l’Europa come un approdo
di benessere, un traguardo di democrazia soprattutto e di sicurezza.
D. –
Sono giorni in cui si continua a parlare di rimpasto di governo in Ucraina: questo
potrebbe cambiare la situazione?
R. – No, io non credo perché è un Paese che
è sempre stato diviso in due tra quelli che guardano ad Occidente e quelli che invece
guardano a Mosca. Questa situazione, che poteva essere un problema – diciamo culturale
– è diventato un lacerante problema politico, sociale ed economico proprio per la
posizione del presidente Jakunovic.
D. – Il Commissario europeo per l’allargamento
ha di fatto sospeso i lavori per l’associazione dell’Ucraina; i ministri degli Esteri
di Bruxelles, invece, aprono: c’è confusione all’interno dell’Unione?
R. –
L’Unione Europea non ha brillato per chiarezza! Ci sono degli Stati – a cominciare
dalla Polonia, dalle Repubbliche Baltiche, che guardano con interesse e sono i più
attivi a sostenere la marcia di avvicinamento di un grande Paese come l’Ucraina che,
dal punto di vista culturale e storico è senza dubbio Europa – a sostenere questa
marcia di avvicinamento all’Unione Europea. Gli altri – diciamo la verità! – sono
abbastanza indifferenti. L’Unione Europea ha già molti problemi di suo e quindi anche
questa situazione, rispecchia la confusione interna di Kiev e di Bruxelles.
D.
– Ci sono timori anche per quanto riguarda il costo e l’approvvigionamento del gas:
ricordiamo che l’Ucraina è uno snodo importante…
R. – Abbiamo già assistito
a questa sceneggiata - piuttosto costosa, per noi - almeno due o tre volte negli ultimi
dieci anni. Io non credo che adesso l’Ucraina voglia tornare a giocare su questo tavolo
molto pericoloso: nel senso che indebolirebbe ancora di più la sua credibilità. Però
è sempre possibile che qualcosa del genere avvenga… Diciamo che ora l’importante è
vedere come verrà sbloccata la crisi politica ucraina. Facevo prima il paragone con
la Rivoluzione arancione di 9 anni fa e oggi la situazione è anche più drammatica!
Jakunovic non sembra rassegnato a dare le dimissioni, a seguire quello che era avvenuto
9 anni fa, quando era stato eletto con i brogli. Quindi la situazione è davvero più
complicata e anche più pericolosa rispetto a quella che c’era nell’inverno del 2004.