2013-12-17 18:21:13

Canonizzazione Favre. P. Spadaro: la sua apertura mentale e spirituale è la stessa di Bergoglio


Dialogo, discernimento, frontiera. Le tre parole chiave di San Pietro Favre richiamano immediatamente l’azione pastorale di Papa Francesco. Una sintonia che viene sottolineata dal direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che proprio in occasione della canonizzazione ha pubblicato, per i tipi della casa editrice “Ancora”, il volume “Pietro Favre. Servitore della consolazione”. Alessandro Gisotti ha chiesto a padre Spadaro quanto sia importante per i Gesuiti la canonizzazione del primo compagno di Ignazio di Loyola:RealAudioMP3

R. – Ha un significato molto forte, perché tutti conoscono San Francesco Saverio, il secondo compagno di Sant’Ignazio di Loyola. Ma Pietro Favre fu il primo, il primo compagno che condivise con Sant’Ignazio la stanza in cui studiava all’Università di Parigi, è stato il primo ad accostarsi a lui, il primo a fare gli Esercizi spirituali… Direi che senza Pietro Favre la Compagnia di Gesù non esisterebbe. Quindi, è un momento molto particolare e veramente importante per noi.

D. – Pietro Favre, appunto, è il primo compagno di Ignazio di Loyola eppure – è un fatto, questo – è rimasto nell’ombra per tanto tempo. Quali sono i motivi?

R. – Forse nel tempo, specialmente durante la seconda metà del XVI secolo, la sua fama è rimasta un po’ vittima di una sorta di diffidenza verso la dimensione mistica che persino nella Compagnia di Gesù si è fatta strada in favore di un atteggiamento più ascetico che mistico. Invece, Pietro Favre è una figura mistica, se vogliamo anche difficile da comprendere bene: è un po’ complessa. Tuttavia, la devozione non si è mai persa nel corso del tempo. Lo stesso Sant’Ignazio, in realtà, più che celebrare suffragi per lui, fece celebrare Messe di gioia, di trionfo, e addirittura San Francesco Saverio, appena Pietro Favre morì, aggiunse il suo nome alle Litanie dei Santi.

D. – A canonizzare il primo compagno di Sant’Ignazio è il primo Papa gesuita: perché la figura di Favre è così amata da Jorge Mario Bergoglio?

R. – Perché al Papa piace Favre? Lui mi ha risposto sostanzialmente con una lista di ragioni: il dialogo con tutti, anche i più lontani, gli avversari. La sua pietà semplice, direi popolare, una certa ingenuità – il Papa stesso si è definito un po’ ingenuo, un po’ furbo – la sua disponibilità immediata. Ma poi due cose che ritengo veramente fondamentali: il suo atteggiamento di discernimento interiore e il fatto di essere un uomo di grandi e forti decisioni, pur essendo una persona molto, molto dolce.

D. – Cosa ritroviamo di Favre, invece, proprio nell’azione pastorale di Papa Francesco?

R. – Troviamo tanto: nel tratto umano, nella spiritualità Favre era un uomo molto aperto all’esperienza e alla vita. Soprattutto, era un uomo privo di barriere mentali, di preclusioni. Amante della riforma della Chiesa, sapeva che c’era bisogno di tanto tempo e fondava il suo desiderio di riforma nell’amicizia. Un giorno, per esempio, ha sentito interiormente di dover pregare insieme per il Papa, per Lutero, per Enrico VIII e per Solimano II. Favre, del resto, ha vissuto in un clima fluido e burrascoso nella prima metà del Cinquecento parigino ed è portatore di una sensibilità moderna che oggi vibra in consonanza con la nostra. Quindi, incarnò un’apertura mentale e spirituale nei confronti delle sfide della sua epoca, che ci ricorda molto lo slancio missionario di Papa Francesco.

D. – Il titolo del suo libro su Favre è “Servitore della Consolazione”. In qualche modo, si potrebbe anche accostare questa definizione proprio a Papa Francesco: servitore della consolazione, della misericordia …

R. – Penso di sì. In fondo, Papa Francesco ama Favre anche proprio per la sua capacità di discernimento, cioè la sua capacità di comprendere la vita spirituale e di capire come Dio agisce dentro di noi. La consolazione è la percezione sensibile interiore dell’unione con Dio. La mistica di Pietro Favre ha a che fare con la vita di tutti i giorni, con la vita quotidiana: Favre ha sempre vissuto una familiarità con Dio immediata, diretta e per Favre, come per Papa Francesco, vale ciò che ha scritto Sant’Ignazio, cioè che Dio si comunica a ognuno di noi con mozioni interiori: cioè, muove e attira la volontà. Quindi, direi che l’esperienza di Favre va meglio compresa e studiata anche per capire lo stile e il modo di governo di Papa Francesco.







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