La crisi in Ucraina. Bruxelles non chiude la porta all'associazione di Kiev all'Ue
La crisi politica Ucraina in primo piano al Consiglio Europeo degli Affari esteri
di Bruxelles, che lascia aperta la porta all’associazione. Ieri la “sospensione” dei
lavori dell’Ue per arrivare alla firma di un accordo tra Kiev e l'Unione. Intanto
oggi il presidente ucraino Yanukovich è a Mosca per l’incontro con il suo omologo
russo Putin. Massimiliano Menichetti:
Le pressioni
filo-europeiste continuano a Kiev nonostante ieri il commissario europeo all'Allargamento,
Stefan Fuele, abbia gelato la piazza ribadendo che Bruxelles ha sospeso i negoziati
sull'Accordo di associazione. Per Fuele le dichiarazioni e le azioni dell’Ucraina
sono contraddittorie. Oggi il premier ucraino, Mykola Azarov - mentre il presidente
Viktor Yanukovich è a Mosca per incontrare, l’omologo, Vladimir Putin - ha dichiarato
che il suo Paese ''ha fatto la sua scelta di procedere per l'integrazione” con il
Vecchio Continente. Ma la situazione tutt’altro che chiara ha richiamato l’attenzione
del Consiglio Europeo degli Affari esteri di Bruxelles. I capi dicastero non chiudono
all'accordo di associazione con Kiev anzi sottolineano che "se c'è un messaggio univoco
da Kiev”, la firma potrebbe essere immediata. Intanto l'Alto Rappresentate degli Affari
esteri della Ue, Catherine Ashton, ha assicurato che “non ci sono rischi di deterioramento
di rapporti con la Russia”.
Per un'analisi della situazione abbiamo raccolto
il commento di Luigi Geninazzi, inviato speciale di Avvenire ed esperto dell'area:
R. – Siamo in
una situazione parecchio confusa, anche se ci sono almeno due aspetti più leggibili.
Il primo è che il presidente Jakunovic, accingendosi a firmare l’accordo per l’associazione
all’Unione Europea, ritirandosi poi all’ultimo minuto, ha fatto capire che è un po’
sottoscacco da parte di Putin, da parte del Cremlino: quello che chiede, anche come
aiuto finanziario, all’Unione Europea non può ottenerlo, mentre Putin è pronto a scaglionare
l’elevato debito che l’Ucraina ha per il gas con la Russia e ad agevolarla finanziariamente,
dandole aiuti economici. Quindi è chiaro che Jakunovic sta cercando di giocare un
po’ su due tavoli, ma il problema è che c’è un terzo tavolo - che è ancora più tra
ballante - che è quello della politica interna. Stiamo assistendo ad un revival della
Rivoluzione arancione di 9 anni fa: il presidente Jakunovic è contestato a tutti i
livelli da una gran parte della popolazione e quindi è chiaro che il discorso dell’adesione
o meno all’Unione Europea è un motivo di polemica in un contesto di mancanza di libertà,
di corruzione crescente, di inefficienza delle strutture pubbliche, di crisi dell’economia
ucraina. Nella maggioranza della popolazione ucraina si vede l’Europa come un approdo
di benessere, un traguardo di democrazia soprattutto e di sicurezza.
D. –
Sono giorni in cui si continua a parlare di rimpasto di governo in Ucraina: questo
potrebbe cambiare la situazione?
R. – No, io non credo perché è un Paese che
è sempre stato diviso in due tra quelli che guardano ad Occidente e quelli che invece
guardano a Mosca. Questa situazione, che poteva essere un problema – diciamo culturale
– è diventato un lacerante problema politico, sociale ed economico proprio per la
posizione del presidente Jakunovic.
D. – Il Commissario europeo per l’allargamento
ha di fatto sospeso i lavori per l’associazione dell’Ucraina; i ministri degli Esteri
di Bruxelles, invece, aprono: c’è confusione all’interno dell’Unione?
R. –
L’Unione Europea non ha brillato per chiarezza! Ci sono degli Stati – a cominciare
dalla Polonia, dalle Repubbliche Baltiche, che guardano con interesse e sono i più
attivi a sostenere la marcia di avvicinamento di un grande Paese come l’Ucraina che,
dal punto di vista culturale e storico è senza dubbio Europa – a sostenere questa
marcia di avvicinamento all’Unione Europea. Gli altri – diciamo la verità! – sono
abbastanza indifferenti. L’Unione Europea ha già molti problemi di suo e quindi anche
questa situazione, rispecchia la confusione interna di Kiev e di Bruxelles.
D.
– Ci sono timori anche per quanto riguarda il costo e l’approvvigionamento del gas:
ricordiamo che l’Ucraina è uno snodo importante…
R. – Abbiamo già assistito
a questa sceneggiata - piuttosto costosa, per noi - almeno due o tre volte negli ultimi
dieci anni. Io non credo che adesso l’Ucraina voglia tornare a giocare su questo tavolo
molto pericoloso: nel senso che indebolirebbe ancora di più la sua credibilità. Però
è sempre possibile che qualcosa del genere avvenga… Diciamo che ora l’importante è
vedere come verrà sbloccata la crisi politica ucraina. Facevo prima il paragone con
la Rivoluzione arancione di 9 anni fa e oggi la situazione è anche più drammatica!
Jakunovic non sembra rassegnato a dare le dimissioni, a seguire quello che era avvenuto
9 anni fa, quando era stato eletto con i brogli. Quindi la situazione è davvero più
complicata e anche più pericolosa rispetto a quella che c’era nell’inverno del 2004.