2013-12-16 16:25:53

Immigrazione: in Italia c'è più attenzione da parte dei media


C’è una maggiore sensibilità dei mezzi di comunicazione rispetto al tema dell’immigrazione. Così l’osservatorio dell’associazione Carta di Roma nel primo Rapporto annuale tra media e immigrazione in Italia, dal titolo “Notizie fuori dal ghetto”, presentato stamattina a Montecitorio. Ascoltiamo Giovanni Maria Bellu, presidente dell’associazione Carta di Roma, al microfono di Antonella Pilìa: RealAudioMP3

R. – C’è ancora molta strada da fare, ma sicuramente c’è una maggiore sensibilità della stampa e una maggiore attenzione a rispettare la verità sostanziale dei fatti, non perpetuando quindi dei cliché e dei pregiudizi, anche se via via – e sta succedendo – saranno semplicemente gli stessi immigrati a diventare dei giornalisti, entrare nei giornali e raccontarsi. Ecco, noi accompagniamo questo percorso.

D. – Dal Rapporto emerge che le seconde generazioni di immigrati si ritagliano un ruolo da protagonisti nelle cronache italiane…

R. - Questo aspetto è uno tra i più significativi, perché da questo report emerge che rispetto alle seconde generazioni si esce dai cliché dei pregiudizi. Probabilmente una delle spiegazioni è che queste seconde generazioni ci appaiono mene estranee perché si tratta, molto spesso, dei compagni di scuola dei nostri figli. Quindi questo dimostra che la conoscenza diretta, il rapporto e la relazione portano al cambiamento.

D. – In particolare emerge che i figli di immigrati rivendicano i propri diritti. Quanto influisce, in questo caso, il dibattito politico sullo ius soli?

R. – Credo che sia stato sicuramente di grande aiuto, perché nasce attraverso anche la divulgazione della sorpresa e dello sconcerto rispetto a certe situazioni che erano semplicemente sconosciute ai più. Cioè, l’italiano medio non sapeva che quel ragazzo che parla con accento romano o milanese e che tifa la squadra locale non fosse un cittadino italiano, nonostante apparisse come tale. Questo ha creato, secondo me, la sorpresa e lo scandalo del dibattito dello ius sol e ha aiutato a diffondere anche una percezione diversa del problema.

D. – Qual è invece l’immagine della donna migrante?

R. – Quando si parla delle donne immigrate e, in particolare, del femminicidio che ha visto coinvolte delle donne immigrate, abbiamo la sopravvivenza degli schematismi: si tende ad attribuire il femminicidio della donna immigrata all’ambiente culturale di provenienza; mentre quando questi casi riguardano donne italiane si parla molto di più delle relazioni familiari. Quindi nello stesso sistema di informazione ci sono atteggiamenti diversi.

D. – Perché, secondo lei, le donne migranti oggi rimangono ancorate al ruolo di vittime e non escono dal ghetto mediatico, a differenza delle seconde generazioni?

R. – Questo atteggiamento nei confronti delle donne appartiene a un modo generale di fare giornalismo e a una visione della donna come la figura debole, emotiva, che serve a creare commozione. Nel Rapporto si fa notare che quando c’è uno sbarco, i caporedattori dei telegiornali indicano ai giornalisti e agli operatori che serve l’immagine di una donna con un bambino… Quindi stiamo parlando di atteggiamenti generali del giornalismo che incrociano le questioni dell’immigrazione e svelano i problemi del giornalismo stesso. Come quando un organismo debole entra in un ambiente malsano: in questo caso l’organismo debole è quello dell’immigrazione, che entra nell’ambiente, non malsano ma certo complesso, dell’informazione generale.







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