Divieto di spot per il gioco d'azzardo. Battaglia in Senato
“Sull’articolo 14 della delega fiscale non arretreremo”. Lo afferma Mauro Maria Marino,
presidente della Commissione Finanze del Senato, in merito al divieto agli spot nelle
fasce protette in radio e tv per i giochi d’azzardo. I grandi network sembrano preoccupati
del calo degli introiti pubblicitari, ma le associazioni di telespettatori vedono
di buon’occhio questa regolamentazione. Alessandro Guarasci
Ogni
anno vengono giocati almeno 90 miliardi nell’azzardo. E il giro pubblicitario ne risente.
Secondo l’agenzia Agipro, nel 2011 gli investimenti dei concessionari del gioco d’azzardo
nel settore della tv sono ammontati a 74,5 milioni, +92% rispetto all’anno precedente.
La delega fiscale, in discussione alla commissione finanze del Senato, pone argini
a ciò. L’articolo 14, dopo un emendamento alla Camera, introduce il divieto di pubblicità
nelle fasce protette delle trasmissioni radiofoniche e televisive e, sempre, per i
giochi con vincita in denaro che inducono comportamenti compulsivi. Il presidente
della commissione Finanze di Palazzo Madama Mauro Maria Marino e relatore della
delega per il Pd
R. – Dal mio punto di vista, l’art. 14 non si tocca. Penso
che si sia raggiunto un equilibrio molto difficile, alla Camera, e non sono disponibile
ad accettare emendamenti sull’art. 14. Così evitiamo qualunque tipo di strumentalizzazione,
di polemica … perché ho visto scrivere cose, in questi giorni … che la delega fiscale
si sarebbe bloccata per via dell’articolo 14: assicuro che non è assolutamente così,
e comunque su quello si eleverà un baluardo.
D. – Quali sono gli effetti negativi,
secondo lei, della pubblicità di giochi d’azzardo compulsivi, soprattutto nel prime
time?
R. – Fanno passare la pubblicità di prodotti proibiti: fanno passare
il prodotto proibito come una parte della normalità della vita. Il gioco non è un
prodotto proibito, purtroppo, però sta portando a comportamenti che stanno devastando
famiglie, stanno facendo danni … Su questo, lo Stato dovrebbe cercare di porre un’attenzione
assolutamente maggiore di quella che pone. Incentivare il gioco d’azzardo penso che
sia uno strumento che apre la porta ai disperati, a coloro che cercano le scorciatoie,
non sapendo che poi rischiano di finire invece in situazioni ben peggiori di quelle
da cui sono partiti.
D. – Qualche previsione sui tempi?
R. – Tutto si
incrocia con il decreto Imu-Banca d’Italia, nel senso che se non ci fosse stato questo
decreto, sarei stato convinto di licenziarla prima di Natale. Adesso spero che con
la collaborazione dei colleghi – che però mi sembra assolutamente esserci – si possa
mantenere lo stesso questo ambizioso traguardo.
Le emittente televisive, le
aziende concessionarie dei giochi sono sul chi va là. Positivo, invece, il commento
delle associazioni di telespettatori. Luca Borgomeo, presidente dell’Aiart
R.
- È riconosciuto da tutti che il gioco fa male. Quindi se il gioco fa male, non c’è
motivo per cui la tv, soprattutto la tv pubblica, debbaresistere nel fare
la pubblicità. Quindi in questo senso è un primo passo che poteva essere più significativo,
ma che comunque va salutato con interesse.
D. - Quali sono gli effetti di questa
pubblicità soprattutto sui minori?
R. - Si inizia con forme di gioco d’azzardo
che non determinano grande interesse. Poi come con la droga, si avverte la necessità
di aumentare le dosi, e si passa dal gioco con minore azzardo, a giochi molto più
pericolosi che hanno conseguenze sulla salute e sulla situazione patrimoniale. E quindi,
è evidente che bisogna intervenire subito per evitare che la pubblicità si avvii verso
questo processo negativo, soprattutto per i giovani; perché all’inizio sembra quasi
una cosa che non dà problemi, invece incomincia ad “educare” ad un uso distorto del
gioco che via via cresce nella direzione dell’aumento del rischio, della tensione,
e quindi aggravando i problemi che ci sono.
Nella scorsa legislatura a porre
un divieto simile a quello introdotto dalla legge fiscale ci aveva provato l’allora
ministro della Salute Renato Balduzzi. Ma alla fine non se ne fece più niente.
Chi è che mise i bastoni tra le ruote? Sentiamo Balduzzi
R. - Se c’era – come
c’era – un orientamento in quella direzione, è evidente che la prima difficoltà non
poteva non venire dal ministero dell’Economia e delle Finanze e non perché il ministero
dell’Economia e delle Finanze abbia a cuore il gioco d’azzardo patologico – ovviamente!
– ma perché dal punto di vista del ministero delle Finanze di trattava comunque di
una attività che per quanto non percentualmente elevata dava un gettito reale. Si
tratta di capire dove vuole andare il nostro ordinamento: se vuole andare in una direzione
che si è rivelata sempre più problematica e foriera di disagi individuali e sociali
elevatissimi oppure se riuscire a contemperare i diversi interessi in gioco, facendo
capire che il gioco non va demonizzato, ma non deve diventare un’ossessione!