Somalia: gravi danni nel Puntland dopo le inondazioni, popolazioni allo stremo
All’inizio dello scorso novembre, forti piogge e inondazioni hanno colpito la regione
somala del Puntland, provocando diverse centinaia di morti e danneggiando gravemente
l’economia pastorale della zona. A varie settimane di distanza, qual è la situazione
nella regione, un’area già tra le più disagiate della Somalia? Risponde, nell’intervista
di Davide Maggiore, Francesca Pieralli, rappresentante per Kenya e Somalia
della ong Comitato Collaborazione Medica:
R. – Il ciclone
ha colpito prevalentemente la zona della costa orientale del Puntland. Attualmente
le operazioni di soccorso sono in atto; le zone che un mese fa erano irraggiungibili
adesso sono state, in qualche modo, rese raggiungibili. Anche se alcune delle strade
principali sono ancora interrotte, è stato recuperato un accesso alla zona. I problemi
maggiori sono stati i danni strutturali sia in termini di strutture pubbliche, quindi
scuole centri di salute, sia di case private. In più, quello che ha colpito maggiormente
la popolazione, è stata la perdita in termini di bestiame e di attrezzature per la
pesca. Essendo quella una comunità prevalentemente pastorale e di pescatori, il danno
economico è stato ingente.
D. - Quindi questo elemento rischia di incidere
sulle condizioni di vita della popolazione anche a medio e forse anche a lungo termine?
R.
- Purtroppo sì, nel senso che questo ciclone si è abbattuto in una zona già molto
disagiata, marginalizzata e povera. Ovviamente, non è possibile sostituire tutti i
capi di bestiame che sono andati persi perché si parla di decine di migliaia di unità.
È più facile dal punto di vista della pesca rifornire le comunità delle attrezzature
perdute e cominciare a risanare la zona in modo da poter ripristinare i pascoli che
sono al momento allagati.
D. - Invece dal punto di vista sanitario, quali sono
state le conseguenze del disastro naturale?
R. - La regione colpita si trova
nella regione del Nugaal, il cui ospedale di riferimento è l’ospedale generale di
Garowe, dove opera la Ccm, si trova a circa 250 kilometri di distanza dalla costa.
Quindi, la situazione in termini sanitari nella regione è già molto precaria perché
un ospedale su un’estensione così ampia è difficilmente raggiungibile da molte parti
della popolazione. I pochi centri di salute che erano dislocati in queste aree più
rurali sono andati parzialmente distrutti o comunque seriamente danneggiati. Quindi
dal punto di vista sanitario l’emergenza si aggrava. Adesso, fortunatamente, sono
riusciti a ripristinare il collegamento della strada principale; quindi per i pazienti
più gravi è ancora possibile riferirli all’ospedale di Garowe, oppure a Nord nell’ospedale
di Bosaso. Per la gestione delle malattie correnti anche legate all’acqua - parlo
di colera, di polmonite, febbre, dissenteria – si stanno organizzando delle campagne
di cliniche mobili di vaccinazioni di massa per rispondere all’emergenza in loco.
D.
- Ccm non interviene direttamente nella risposta all’emergenza, ma ha da tempo delle
attività sul territorio …
R. - Noi supportiamo l’ospedale di Garowe; proprio
nel mese di settembre c’è stata una missione di due medici che si sono recati all’ospedale
per un intervento di formazione dello staff. Quindi lo staff dell’ospedale è stato
preparato a rispondere in maniera più adeguata a questo tipo di emergenza.
D.
- La situazione dell’intera Somalia è molto precaria dal punto di vista della sicurezza.
Questo ha influenzato in qualche modo le vostre attività umanitarie?
R. - In
questa occasione specifica direi di no. Ciò non toglie che la situazione della sicurezza
in Somalia è piuttosto precaria. Nel Puntland, per l’8 gennaio sono previste le elezioni,
quindi è attualmente in corso la campagna dei vari candidati. Ci sono, in questo momento,
movimenti di candidati ognuno con le proprie milizie, perciò lo stato di allerta è
abbastanza alto. C’è stata una grande attenzione della Comunità internazionale nella
preparazione di queste elezioni e si spera che tutto vada per il meglio.