Maltempo in Medio Oriente. Mons. Shomali: emergenza per profughi siriani e a Gaza
Un'ondata straordinaria di maltempo ha messo sabato in ginocchio il Medio Oriente
e il Nord Africa. In particolare, è emergenza a Gerusalemme, isolata da una nevicata
record, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, dove si è abbattuta una forte grandinata
che ha messo in crisi la rete fognaria e ha aggravato l’emergenza causata dalla penuria
di corrente elettrica e combustibili. Ma l’allarme è ora pure per i campi profughi,
dove sono presenti tra gli altri anche siriani in fuga dalla guerra. Ne parla mons.
William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, intervistato da
Giada Aquilino:
R. – E’ stata
un’ondata di maltempo che ha coinvolto la maggioranza dei territori della Terra Santa:
dunque, tutti i luoghi a più di 400 metri di altezza sono stati toccati da questa
perturbazione. Da una parte siamo stati contenti, perché abbiamo pregato per avere
la pioggia, ci mancava; ma è venuta troppa neve e qui in Terra Santa né gli israeliani
né i palestinesi sono ben preparati per affrontare questa situazione e tanti ne hanno
sofferto. Nelle strade migliaia e migliaia di macchine, fra Tel Aviv e Gerusalemme,
sono rimaste intrappolate e non sono potute arrivare a destinazione. Anche l’aeroporto
ha avuto un movimento molto parziale. Molte famiglie hanno sofferto perché non c’era
l’elettricità, soprattutto nei villaggi e in zone periferiche. A Nablus, i palestinesi
hanno chiesto l’aiuto degli israeliani per mandare elicotteri in soccorso della gente
che vive sulle montagne, dove mancava anche il cibo. Lo stesso è avvenuto in Giordania.
Ma la situazione peggiore è quella dei profughi siriani che si trovano nel nord della
Giordania, che fa parte della diocesi, ma anche in Libano e in Turchia. Questi profughi
siriani, che vivono nelle tende, non hanno né riscaldamento, né cibo: molti bambini
sono purtroppo morti congelati.
D. – Neve, freddo e allagamenti hanno reso
la situazione particolarmente critica nella Striscia di Gaza, già grave per le conseguenze
di anni di blocco imposto da Israele. Qual è la situazione?
R. – A Gaza manca
il carburante per far funzionare i riscaldamenti. Israele ha deciso soltanto ieri
di far entrare il gas e il carburante a Gaza, perché c’è veramente una situazione
grave. Speriamo che nei prossimi giorni la questione si risolva. Ma intanto la gente
ha sofferto e soffre tanto. Anche nelle strade la situazione è critica, non hanno
una canalizzazione per far defluire l’acqua.
D. – Nella parte meridionale
di Gaza, nelle ultime ore, si è parlato della morte di un bambino per il freddo, perché
la sua casa era costruita con materiali poveri e non era riscaldata. Quindi, i rischi
aumentano per la popolazione di Gaza?
R. – Sì, veramente! Già erano poveri
prima della neve e adesso non c’è lavoro, non c’è riscaldamento, non possono muoversi.
D.
– Lei ha parlato dei campi profughi: come si vive in queste ore in quelle realtà?
R.
– In qualche campo hanno case normalmente edificate, in altri la gente si trova in
una situazione molto più difficile perché non ha il necessario, come il riscaldamento.
Ma la situazione peggiore è quella dei profughi siriani: sono veramente i più poveri,
ai quali bisogna portare attenzione e aiuto. Il patriarca, mons. Fouad Twal, ha scritto
ieri una lettera per dire al mondo: “Fate qualche cosa per queste vittime, non solo
della neve, ma della guerra. Una guerra assurda!”.
D. – In che modo le parrocchie
di Terra Santa cercano di far fronte a questa emergenza?
R. – Abbiamo la Caritas
Giordania che fa tanto per i profughi di al-Zaatari, nel nord della Giordania, ma
con i suoi 200 volontari aiuta quelli che riesce ad aiutare. Qualcosa si fa, ma non
abbastanza. Come si può riscaldare una tenda? C’è anche il pericolo di bruciarla,
di creare un incendio. L’unica soluzione è che queste persone possano tornare a casa
loro, che non restino là. Noi avevamo previsto questo: l’inverno doveva pur arrivare…
Ma c’è tanta indifferenza. Il Papa ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza”:
qui ce n’è un esempio. Si guarda e poi, poco dopo, dimentichiamo quello che abbiamo
visto.
D. – E allora per non dimenticare, alla vigilia del Natale: qual è la
speranza della Chiesa di Terra Santa?
R. – Che ci sia più compassione da parte
di quelli che hanno verso quelli che non hanno. Dare è sempre un atto natalizio per
eccellenza. Bisogna dare. Se non diamo, rimaniamo nel nostro egoismo, come se Gesù
non fosse mai nato a Betlemme. Anche Lui era un Bambino che ha sentito freddo nella
Grotta di Betlemme, anche Lui è dovuto fuggire in Egitto. Possiamo dire che Dio stesso
ha sperimentato nella sua Carne cosa vuol dire soffrire.