Il servizio della carità a un anno dal Motu Proprio di Benedetto XVI: intervista con
il card. Sarah
A un anno dall’entrata in vigore del Motu Proprio di Benedetto XVI “Intima Ecclesiae
Natura”, il Pontificio Consiglio Cor Unum ha organizzato un incontro alla Pontificia
Università della Santa Croce, per riflettere su corresponsabilità e organizzazione
del servizio della carità. Ma come il Motu Proprio, con cui Benedetto XVI ha esortato
a rafforzare il ruolo dei vescovi e la trasparenza nelle attività caritative, ha cambiato
l’organizzazione del servizio della carità? Elvira Ragosta lo ha chiesto al
cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum:
R. - Io penso
che il cambiamento più importante sia proprio quello di riuscire a sensibilizzare
i vescovi che questo compito della carità è un compito episcopale: dunque, dobbiamo
coinvolgere i vescovi. Il vescovo ha anche il compito di mobilitare la comunità cristiana
per incoraggiare ciascuno di noi - come cristiano, come comunità - ad attuare la carità
come espressione della natura della Chiesa: quindi non soltanto dare qualcosa, ma
esprimere che la carità rappresenta veramente il modo di essere della Chiesa.
D.
- Il sostegno materiale e il ristoro dell’anima anche per evitare - come diceva Papa
Francesco - che la Chiesa diventi esclusivamente una ong…
R. - Sì. La Chiesa
non è un’ong, ma è la sposa di Cristo. Il suo compito è quello di prendere l’uomo
integralmente: nei suoi bisogni materiali, ma anche nei suoi bisogni spirituali. Per
questo, dunque, la carità ha questo doppio orientamento: aiutare l’uomo, curarlo come
Cristo ha fatto, ma curarlo sì come malato, ma anche nella sua anima, perché forse
la malattia più profonda è proprio questo distacco dell’uomo dalla sorgente, che è
Dio!
D. - Di particolare aiuto hanno bisogno, in questo momento, soprattutto
i siriani. Lei è reduce da un viaggio in Libano, con lo scopo, insieme con la Caritas-Libano
e l’Ospedale Bambino Gesù, per portare medicinali ai bambini. Com’è la situazione
al momento?
R. - E’ tragica! La guerra continua a creare povertà, sofferenza,
soprattutto per i bambini e per le donne che hanno perso il marito… Dunque noi dobbiamo
aiutare queste persone! Siamo stati a Baalbek, nella Valle della Beqā, per vedere
come sia possibile affrontare questa situazione dei bambini che soffrono. Abbiamo
visitato questo ospedale, che dobbiamo restaurare per riuscire così ad accogliere
tra i 3-4 mila bambini.
D. - Il rifornimento dei medicinali è già iniziato?
R.
- Sì! Abbiamo già visitato alcune farmacie con la Caritas Libano, che ha luoghi dove
è possibile trovare tutto per curare non soltanto i bambini, ma tutte le persone che
soffrono. Sicuramente bisogna continuare ad aiutare, bisogna mandare più medicine,
più materiali, affinché la Caritas possa funzionare bene e quindi riuscire ad affrontare
questa situazione tragica, che purtroppo aumenta ogni giorno. Soprattutto in questo
momento, che è inverno, c’è una sofferenza più grande, perché non bisogna dare solo
medicine ma anche riscaldamento, coperte, vestiti più caldi… Sono felice perché vedo
che la Caritas Libano è veramente molto, molto attiva; è competente ed efficace!