2013-12-13 16:04:54

Cristianesimo e libertà binomio al centro di una conferenza all'Urbaniana


Una trentina di illustri studiosi si confrontano a Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana, in una Conferenza internazionale sul tema "Cristianesimo e Libertà nella storia e nel mondo contemporaneo". Organizzata dalla Georgetown University, la due giorni trae spunto dai crescenti episodi di intolleranza e persecuzione nei confronti delle comunità cristiane e di altre minoranze, con due obiettivi: sottolineare il contributo storico del cristianesimo alla difesa delle libertà fondamentali e discutere gli esiti dell’attuale esplosione della persecuzione religiosa. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

A dare le coordinate della due giorni e a portare ai partecipanti il saluto di Papa Francesco è stato il segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. “La libertà di religione come un diritto naturale è nata col Cristianesimo”, così come l’atteggiamento di tolleranza e non l’accusa per chi perseguita, ha voluto ricordare mons. Dominique Mamberti, e la “storia dimostra – ha aggiunto – che c’è un legame virtuoso tra libertà religiosa, stabilità sociale e piena realizzazione dell’uomo” nelle sue aspirazioni e nel suo desiderio di trascendenza. Ma attenzione: la libertà, ha detto mons. Mamberti, non è assenza di costrizioni o capriccio: “Essa non può fare a meno della relazione tra ragione e fede”. Da questo presupposto, si è partiti in mattinata per un’analisi globale del fenomeno persecutorio nei confronti dei cristiani, con i dati innanzitutto. La persecuzione è in aumento: nel 2020, riguarderà 600 milioni di persone – circa il 24% del totale dei cristiani nel mondo. Riguarda tutte le comunità, come già oggi: più nel Sud che nel Nord del mondo, in concomitanza proprio con la diffusione del cristianesimo. La persecuzione è poco trattata dalla stampa e a perpetrarla è più la società che la politica, rispetto a quanto accadeva in passato. Al vaglio anche le quattro cause principali: i regimi comunisti in Cina, Vietnam, Laos, Corea del Nord e Cuba, il nazionalismo religioso nel Sudest asiatico, l’estremismo musulmano. E interessante è anche l’emergere del secolarismo occidentale. Sul perché del fenomeno delle persecuzioni nei confronti delle comunità cristiane, emerge un fattore su tutti: l’associazione del cristianesimo alla libertà e al pluralismo sociale. Particolare rilievo, nel primo giorno di lavori, è andato infine alla situazione delle comunità cristiane nella regione mediorientale. Quantitativamente – si è detto – sono sempre meno i cristiani in Medio Oriente, per motivi economici, scelte di vita, ma soprattutto a causa delle persecuzioni. La stima prevede che entro il 2020 le comunità cristiane siano solo il 5% del totale. All’esame degli interlocutori le tante forme di esclusione nei riguardi della comunità cristiane in Medio Oriente, a partire dalla rappresentanza politica o dalle restrizioni imposte alle donne; inoltre, tanti “miti” privi di fondamento alla base delle persecuzioni, come l’associazione del cristiano ad un “prodotto del colonialismo”, o del cristiano vocato ad evangelizzare a tutti i costi, dunque pericoloso. Nell’area mediorientale in generale si assiste, si è detto, ad uno sfaldamento della coesione tra le comunità, e a pagarne le conseguenze sono le minoranze, specie – appunto – quelle cristiane. Ma d’altro canto si assiste contemporaneamente anche a una particolare e positiva forma di solidarietà. Ne ha parlato Mariz Tadros, ricercatrice all’Univeristà del Sussex:

I would like to talk about two kinds of very positive forms of solidarity…
“Vorrei parlare di due forme positive di solidarietà crescente in Egitto: la prima, tra cristiani e musulmani, soprattutto nei movimenti sociali e nella lotta verso la democratizzazione del Paese. Ma anche di un’importante forma di solidarietà tra ortodossi, cattolici e protestanti che hanno pregato e pregano insieme per il futuro dell’Egitto. Se le persecuzioni costringessero tutte le comunità cristiane ad abbandonare la terra mediorientale, si perderebbero le persone che lottano e lavorano per l’eguaglianza e i diritti di tutti. Si perderebbe dal punto di vista economico, si perderebbe quella classe media tanto importante, ma soprattutto il mondo perderebbe l’eredità di una delle Chiese più antiche che possiede”.

Domani, spazio sarà dato al ruolo della donna nelle dinamiche di sviluppo sociale globale e soprattutto alla situazione e alle sfide alla libertà religiosa incontra in regioni quali Pakistan, Nigeria e India. Chiuderà la Conferenza internazionale l'arcivescovo Louis Sako, patriarca caldeo di Baghdad.







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