Cristianesimo e libertà binomio al centro di una conferenza all'Urbaniana
Una trentina di illustri studiosi si confrontano a Roma, presso la Pontificia Università
Urbaniana, in una Conferenza internazionale sul tema "Cristianesimo e Libertà nella
storia e nel mondo contemporaneo". Organizzata dalla Georgetown University,
la due giorni trae spunto dai crescenti episodi di intolleranza e persecuzione nei
confronti delle comunità cristiane e di altre minoranze, con due obiettivi: sottolineare
il contributo storico del cristianesimo alla difesa delle libertà fondamentali e discutere
gli esiti dell’attuale esplosione della persecuzione religiosa. Il servizio di Gabriella
Ceraso:
A dare le coordinate
della due giorni e a portare ai partecipanti il saluto di Papa Francesco è stato il
segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. “La libertà di religione
come un diritto naturale è nata col Cristianesimo”,così come l’atteggiamento
di tolleranza e non l’accusa per chi perseguita, ha voluto ricordare mons. Dominique
Mamberti, e la “storia dimostra – ha aggiunto – che c’è un legame virtuoso tra libertà
religiosa, stabilità sociale e piena realizzazione dell’uomo”nelle sue aspirazioni
e nel suo desiderio di trascendenza. Ma attenzione: la libertà, ha detto mons. Mamberti,
non è assenza di costrizioni o capriccio: “Essa non può fare a meno della relazione
tra ragione e fede”. Da questo presupposto, si è partiti in mattinata per un’analisi
globale del fenomeno persecutorio nei confronti dei cristiani, con i dati innanzitutto.
La persecuzione è in aumento: nel 2020, riguarderà 600 milioni di persone – circa
il 24% del totale dei cristiani nel mondo. Riguarda tutte le comunità, come già oggi:
più nel Sud che nel Nord del mondo, in concomitanza proprio con la diffusione del
cristianesimo. La persecuzione è poco trattata dalla stampa e a perpetrarla è più
la società che la politica, rispetto a quanto accadeva in passato. Al vaglio anche
le quattro cause principali: i regimi comunisti in Cina, Vietnam, Laos, Corea del
Nord e Cuba, il nazionalismo religioso nel Sudest asiatico, l’estremismo musulmano.
E interessante è anche l’emergere del secolarismo occidentale. Sul perché del fenomeno
delle persecuzioni nei confronti delle comunità cristiane, emerge un fattore su tutti:
l’associazione del cristianesimo alla libertà e al pluralismo sociale. Particolare
rilievo, nel primo giorno di lavori, è andato infine alla situazione delle comunità
cristiane nella regione mediorientale. Quantitativamente – si è detto – sono sempre
meno i cristiani in Medio Oriente, per motivi economici, scelte di vita, ma soprattutto
a causa delle persecuzioni. La stima prevede che entro il 2020 le comunità cristiane
siano solo il 5% del totale. All’esame degli interlocutori le tante forme di esclusione
nei riguardi della comunità cristiane in Medio Oriente, a partire dalla rappresentanza
politica o dalle restrizioni imposte alle donne; inoltre, tanti “miti” privi di fondamento
alla base delle persecuzioni, come l’associazione del cristiano ad un “prodotto del
colonialismo”, o del cristiano vocato ad evangelizzare a tutti i costi, dunque pericoloso.
Nell’area mediorientale in generale si assiste, si è detto, ad uno sfaldamento della
coesione tra le comunità, e a pagarne le conseguenze sono le minoranze, specie – appunto
– quelle cristiane. Ma d’altro canto si assiste contemporaneamente anche a una particolare
e positiva forma di solidarietà. Ne ha parlato Mariz Tadros, ricercatrice all’Univeristà
del Sussex:
I would like to talk about two kinds of very positive forms
of solidarity… “Vorrei parlare di due forme positive di solidarietà crescente
in Egitto: la prima, tra cristiani e musulmani, soprattutto nei movimenti sociali
e nella lotta verso la democratizzazione del Paese. Ma anche di un’importante forma
di solidarietà tra ortodossi, cattolici e protestanti che hanno pregato e pregano
insieme per il futuro dell’Egitto. Se le persecuzioni costringessero tutte le comunità
cristiane ad abbandonare la terra mediorientale, si perderebbero le persone che lottano
e lavorano per l’eguaglianza e i diritti di tutti. Si perderebbe dal punto di vista
economico, si perderebbe quella classe media tanto importante, ma soprattutto il mondo
perderebbe l’eredità di una delle Chiese più antiche che possiede”.
Domani,
spazio sarà dato al ruolo della donna nelle dinamiche di sviluppo sociale globale
e soprattutto alla situazione e alle sfide alla libertà religiosa incontra in regioni
quali Pakistan, Nigeria e India. Chiuderà la Conferenza internazionale l'arcivescovo
Louis Sako, patriarca caldeo di Baghdad.