Bombe a grappolo: nell'arco di 3 anni un flusso di 24 miliardi di dollari
Sono 139 le istituzioni finanziarie che continuano a investire nella produzione di
bombe a grappolo, in inglese “cluster bombs”: il dato è contenuto in un rapporto -
ripreso dall'agenzia Misna - pubblicato a Copenhagen dall’organizzazione non governativa
Pax Christi, che riferisce di un flusso di 24 miliardi di dollari nell’arco di circa
tre anni. Nel documento si sottolinea che le istituzioni sono sia pubbliche sia private
e che hanno sede in 13 Stati differenti. Sessantasette sono registrate negli Stati
Uniti, 23 in Corea del Sud e 19 in Cina, Paesi che non hanno sottoscritto la Convenzione
per la messa al bando delle cluster. A finanziare la produzione degli ordigni, si
sottolinea nel rapporto, sono però anche 22 società di Paesi firmatari: Canada, Francia,
Germania, Giappone, Svizzera e Gran Bretagna. Nello studio si riferisce che i circa
24 miliardi di dollari sono stati investiti nella produzione di bombe a grappolo tra
il 1° giugno 2010 e il 31 agosto 2013. In questo periodo il flusso è stato inferiore
di 19 miliardi rispetto a quello rilevato da un precedente rapporto, diffuso lo scorso
anno. A pesare sarebbe stata la decisione della società turca Roketsan e dei colossi
statunitensi L-3 Communications e Lockheed Martins di non produrre più componenti
e munizioni per le cluster. Secondo Roos Boer, co-autore del rapporto, l’impegno contro
le bombe a grappolo va comunque intensificato. “Continuare a finanziare la produzione
di questi ordigni vietati – ha scritto l’esperto – è inaccettabile da un punto di
vista etico: sia i governi che le istituzioni finanziarie devono metterli al bando
una volta per tutte”. (R.P.)