Centrafrica: Msf, attaccati ospedali di Bangui, milizie rispettino pazienti e operatori
sanitari
“Consentire ai feriti e ai malati di accedere in modo sicuro alle cure mediche di
cui hanno bisogno”. È l’appello lanciato da Medici senza Frontiere (Msf) alle parti
in conflitto in Repubblica Centrafricana. Il Paese è sconvolto da violenti scontri
da quando, nel marzo scorso, i ribelli islamisti del Seleka hanno preso il potere
e destituito il presidente Bozizé. In molte località si sono formati gruppi di autodifesa,
che più volte hanno attaccato ribelli e civili, innescando azioni di ritorsione a
catena. La società civile centrafricana chiede di disarmare “tutte le milizie presenti
sul territorio”. Msf, che opera nel Paese con le proprie équipe, invoca la fine degli
atti di violenza contro pazienti, civili e personale medico che lavora nelle strutture
sanitarie di Bangui e di tutto il Paese: nei giorni scorsi, operatori e pazienti dell’Amitié
Hospital hanno assistito a esecuzioni sommarie condotte da uomini armati “all'interno
della struttura”. Ce ne parla Rosa Crestani, coordinatrice per l’emergenza
in Centrafrica di Msf, raggiunta telefonicamente a Bangui da Giada Aquilino:
R. – E’ vero,
posso confermare che i centri sanitari – non solo gli ospedali, ma anche i dispensari
– sono quasi tutti chiusi. All’ospedale dell’Amitié stavamo trasportando dei feriti,
ma all’interno non c’era più personale e c’erano corpi fuori della struttura, tutto
lo staff non voleva più lavorare perché si sentiva minacciato, essendoci attacchi
nella strada di fronte. Le strutture mediche devono essere rispettate, il personale
medico deve essere rispettato, i pazienti devono essere rispettati. Ma qui non è e
non è stato così. E’ molto difficile lavorare in questo momento a Bangui.
D.
– Si parla di violenze commesse da uomini armati. Avete idea di chi possano essere
e di quali azioni si siano resi colpevoli?
R. – Ci sono violenze enormi, di
tutti i tipi. Abbiamo ricevuto feriti da arma da fuoco, feriti da machete, persone
che mentre scappavano si sono fatte male cadendo, persone con fratture, donne, bambini...
Abbiamo ricevuto moltissimi casi e continuiamo ancora a riceverne. Anche ieri c’è
stata un’altra giornata estremamente tesa qui in città, con molte violenze. Per esempio,
in mattinata, in uno dei campi degli sfollati, quello dell’aeroporto, dove lavoriamo
e dove ci sono più di 30 mila persone, abbiamo ricevuto più di 20 feriti in poco tempo.
Le violenze continuano, la gente, la popolazione ha costantemente paura: solo in città
ci sono più di 100mila sfollati, che dormono in campi improvvisati, un po’ dappertutto.
E’ veramente difficile lavorare, ma cerchiamo di coprire i bisogni che comunque sono
enormi. È per questo che chiediamo alla comunità internazionale di aumentare le risorse.
Per esempio, ieri, non c’era il sole, pioveva e la gente, la notte passata, è rimasta
sotto l’acqua.
D. – Qual è la situazione generale? Ora in Centrafrica è iniziata
- purtroppo con l’uccisione di due soldati francesi - la missione di Parigi, incaricata
di ripristinare l’ordine e la sicurezza. E' venuto in visita anche il presidente Hollande…
R.
– In Centrafrica, in generale, la situazione rimane ancora molto, molto tesa. Ci sono
ancora violenze in varie parti del Paese, senza parlare della capitale Bangui. Se
parliamo di Bossangoa, di Bozoum, di Bokaranga, ci sono scontri tra gruppi armati,
ci sono persone che già da mesi sono nei campi, senza supporto né alimentare né medico.
Non è sicuramente ancora terminata l’emergenza e la situazione non è sotto controllo.
Chiediamo che ci sia un libero accesso dappertutto per gli aiuti e per gli operatori
umanitari, chiediamo il rispetto delle strutture mediche, del personale. Le bande
armate che circolano, soprattutto, devono rispettare la popolazione civile, i pazienti
e tutti. E chiediamo soprattutto che si faccia molto di più per questo Paese, che
è un Paese completamente dimenticato da anni, un Paese troppo povero e non abbastanza
sostenuto.