25 anni fa don Di Liegro accoglieva i malati di Aids a Villa Glori
"L'intuizione profetica
di don Luigi fu quella di mettere al centro le persone più bisognose. E all'epoca
i più emarginati, considerati quasi dei lebbrosi da allontanare, erano i malati di
Aids. Don Di Liegro, con uno spirito evangelico, e sulle orme di S. Francesco che
abbracciò il lebbroso, capì che in quei malati c'era la presenza di Cristo". Lo
afferma don Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma,
in occasione del 25° anniversario delle strutture di accoglienza per malati
di Aids della diocesi di Roma, create nel 1988 a Villa Glori, nel quartiere Parioli,
dal suo predecessore don Luigi Di Liegro. "Oggi - spiega Massimo Raimondi,
responsabile della gestione delle tre Case famiglia per malati di Aids - ci sentiamo
davvero un'opera segno della Caritas sul territorio. Le persone che all'epoca ci contrastarono
o maltrattarano, per paura o per ignoranza, oggi ci accolgono e ci aiutano e permettono
ai nostri ospiti di esprimere la loro parte migliore. In questi 25 anni abbiamo
accolto quasi 500 persone di cui la maggiorparte purtroppo è tornata alla casa del
Signore. Oggi l'aspettativa di vita di questi malati si è molto allungata, ma questo
non deve fare abbassare la guardia nei confronti di una malattia che non è affatto
superata. Dobbiamo ripartire dall'educazione e dalla valorizzazione del rapporto affettivo.
Come diceva don Luigi, già 25 anni fa, la sessualità non deve essere un tabù ma
deve essere allo stesso tempo compresa nel suo reale valore. Purtroppo - e ce ne accorgiamo
nei nostri incontri formativi con gli studenti - la percezione del rischio sta arrivando
a zero. Siamo invece obbligati a parlare di Aids affinché non si riduca tutto al rapporto
sessuale ma si riscopra cosa sono l'amore, la sessualità, il rispetto del proprio
corpo e della persona". "Non sono la tecnica o gli strumenti che possono risolvere
il problema dell'Aids", ribadisce mons. Feroci. "Ma prima di tutto l'educazione e
la formazione della persona, un approccio etico e morale, spirituale. Dire ai giovani
'proteggetevi e poi fate quello che volete', vuol dire fare un discorso di livello
molto basso". Il direttore della Caritas di Roma riflette anche sulla forte affinità
tra Papa Francesco e don Di Liegro. "Non so - commenta don Enrico - se il Papa
conosca la storia di don Luigi. Io non ho avuto ancora l'occasione di parlargliene.
Ma le parole del Papa sembrano le stesse di don Luigi pronunciate a distanza di tempo".
E' d'accordo su questo aspetto anche Padre Angelo Vitali, missionario monfortano che
nel 1988 aprì insieme a don Luigi Di Liegro la casa di Villa Glori. "Quando ho visto
questo Papa ho pensato che fosse la reincarnazione di don Luigi! Gli assomiglia troppo,
nel modo di fare, di porsi. Umiltà, semplicità, dedizione. I poveri al centro della
propria evangelizzazione. Sono convintissimo che sarebbero andati a braccetto per
il modo di pensare e di procedere. Sono due contemplativi, perché chi è molto
vicino ai poveri rasenta la contemplazione". (A cura di Fabio Colagrande)