Un anno di @Pontifex. Mons. Celli: lungimirante la scelta di Benedetto XVI
Il 12 dicembre di un anno fa, Benedetto XVI apriva il suo account Twitter @Pontifex.
Un evento di portata mondiale, che sottolineò - al massimo livello - l’impegno della
Chiesa nell’annuncio del Vangelo nei social network. Dopo l’elezione alla Cattedra
di Pietro, il testimone è stato raccolto da Papa Francesco con successo, visto che
oggi @Pontifex - declinato in 9 lingue - si avvicina agli 11 milioni di follower in
tutto il mondo. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo Claudio Maria
Celli, presidente del dicastero per le Comunicazioni Sociali, di tracciare un
bilancio di questo primo anno del Papa su Twitter:
R. – Quando
Papa Benedetto XVI lanciò il primo tweet, era pienamente consapevole dell’importanza
di quel momento. Posso confidare che quel giorno gli dissi proprio: “Padre Santo,
mentre lei lanciava il primo tweet, io pensavo a ciò che fece il suo predecessore
Pio XI, quando per la prima volta alla Radio Vaticana lanciava il suo primo messaggio”.
E il Papa mi guardò sorridendo e mi disse: “Sa che ci ho pensato anch’io?” Il che
vuol dire che Papa Benedetto era pienamente consapevole dell’importanza di questa
sua presenza in uno dei linguaggi, come quello di Twitter, più utilizzati, specialmente
in campo giovanile. E oggi, con Papa Francesco, tutti siamo consapevoli che quella
decisione, presa un anno fa, fu lungimirante, positiva. Oggi, abbiamo ormai 11 milioni
di follower, ma quello che a noi più interessa è che almeno 60 milioni di persone,
attraverso il "retwittaggio" ricevono una parola del Papa, questo breve messaggio,
in una situazione di desertificazione spirituale, come diceva Papa Benedetto. Anche
una goccia di acqua fresca, dunque, qual è un tweet - 140 caratteri - ha una
sua valenza, una sua importanza.
D. – Qual è, secondo lei, il contributo specifico
che "Pontifex" sta dando allo sforzo di evangelizzazione del cosiddetto "continente
digitale"?
R. - Anche in questo continente deve risuonare la parola di Gesù.
Anche perché molti dei suoi abitanti, se non trovano la Parola di Gesù in questo contesto,
non la troveranno da altre parti. E credo che questa sia la sfida per tutti noi. Qui
direi che dobbiamo riscoprire come ognuno di noi sia presente in questo contesto ambientale,
dobbiamo assumere una dimensione missionaria che non è proselitismo. Nel contesto
del "continente digitale", dobbiamo far sì che questa parola risuoni. Faccio mio un
pensiero di Benedetto XVI, quando parlava delle "Reti sociali". Il Papa diceva che
il problema non è di fare citazioni formali del Vangelo, ma nella Rete, in questo
ambiente, devono essere presenti valutazioni e testimonianze personali. Direi quasi
che i discepoli del Signore dovrebbero far presente in questa contestualità quella
che è la sintesi tra la loro fede e la loro vita.
D. - Nella Evangelii gaudium,
Papa Francesco esorta a essere audaci e creativi nel linguaggio. I social network
possono aiutare in questo impegno, secondo lei?
R. – Credo che la grande sfida
per noi, oggi, sia quella di annunciare il Vangelo con un linguaggio che gli uomini
e le donne di oggi possano comprendere. Papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica,
dedica molte pagine e riflessioni al tema del linguaggio, perché il grande rischio
è che addirittura il messaggio stesso possa essere travisato. Il Papa dice che potremmo
annunciare un "Dio falso", con tutte le buone intenzioni che possiamo avere in cuore.
Alle volte, il rischio è proprio che il linguaggio cambi il messaggio. Allora ecco
qui il bisogno di poter utilizzare invece un linguaggio che gli uomini di oggi riescano
a capire.
D. – Proprio, nei giorni scorsi, parlando alla Plenaria dei laici,
Papa Francesco ha detto che la presenza della Chiesa in Internet è indispensabile,
perché la tecnologia non basta...
R. – Io penso che il Papa abbia ricordato
a tutti noi che oggi comunicazione non è solamente sforzo tecnologico. Credo che dobbiamo
riscoprire che alla base della nostra comunicazione c’è una visione di Chiesa e Papa
Francesco sta invitando tutti noi a una conversione pastorale, nel senso che siamo
chiamati a dare un volto a questa Chiesa, un volto più attento, più vicino all’uomo
e alla donna di oggi, che camminano per le strade difficili di questo mondo. Papa
Francesco invita a dare vita a una cultura dell’incontro. Anzi, proprio il tema da
lui scelto per la prossima Giornata mondiale della comunicazione è “Una comunicazione
per una cultura dell’incontro”. E’ una Chiesa che va incontro all’uomo, che mostra
la sua simpatia per l’uomo, che è accanto all’uomo: che non impone, ma propone, che
sa dialogare rispettosamente con tutti. La sottolineatura è qui: una comunicazione
che si fa incontro con l’uomo di oggi.