2013-12-10 08:12:28

Thailandia. Elezioni il prossimo 2 febbraio. L’opposizione non accetta il governo provvisorio Shinawatra


Thailandia. In un discorso, caratterizzato da una forte emozionalità, la premier Yingluck Shinawatra ha ribadito l’impossibilità di costituzionale di dimettersi dalla guida del governo ad interim. Ieri lo stesso primo ministro ha sciolto il Parlamento in vista di prossime elezioni che si terranno il 2 febbraio. Intanto il fronte della protesta resta combattivo. Stefano Vecchia:RealAudioMP3

Oggi, Giornata mondiale dei Diritti umani, per la Thailandia Giorno della Costituzione, a Bangkok la lunga crisi sembra tutt'altro che risolta. La notte scorsa, il leader della protesta Suthep Thaugsuban ha dato aa governo 24 ore per le dimissioni, un ultimatum che seguiva una giornata di ampio consenso popolare. Questa mattina, intervistata in occasione dell'incontro di gabinetto nella sede del Club dell'esercito, la premier ha detto di avere concesso tutto quanto possibile e si è commossa parlando della prospettiva che la sua famiglia debba lasciare il paese, ma ha confermato la posizione che l'esecutivo da lei guidato non ha un'alternativa legale. Da oggi il paese non ha più un parlamento, sciolto ieri su richiesta del primo ministro approvata dal sovrano e vede il confronto tra due poteri paralleli. Il primo, legalmente rappresentativo, il governo ad interim guidato dalla signora Shinawatra; il secondo, il Comitato popolare per la riforma democratica che raggruppa i leader della quarantina di movimenti associati attivamente nella protesta. Quest'ultimo intende guidare la Thailandia verso una cosiddetta “rivoluzione del popolo” dai contorni e dai limiti costituzionali indefiniti. La premier Yingluck Shinawatra resta al momento al suo posto con il sostegno del suo partito, il Puea Thai e di altri movimenti minori, ma anche di buona parte dell'elettorato rurale e della sua espressione movimentista, le Camicie Rosse. La Commissione elettorale ha individuato nel 2 febbraio il giorno utile per la consultazione elettorale ma il precorso verso quella data è tutto in salita. Il Centro per l'amministrazione della pace e dell'ordine, organismo incaricato di gestire la situazione di crisi, ha ordinato nella serata di ieri l'evacuazione della polizia dal Palazzo del Governo e altri luoghi sensibili, ma ha ribadito anche questa mattina che la protesta resta nell'illegalità e i suoi leader perseguibili dalla legge.
Ieri i manifestanti hanno dimostrato di potere controllare la capitale, tuttavia resta incerto il risultato della loro azione. La protesta potrebbe oggi occupare anche il Palazzo del Governo, totalmente accerchiato da una folla sparsa ovunque nei dintorni, ma questo non sarebbe determinante, a meno di un colpo di scena che tutti aspettano e molti anche temono.

Sulla situazione Massimiliano Menichetti ha intervistato Carlo Filippini professore di Economia politica all'Università Bocconi, esperto dell'area:RealAudioMP3

R. – Questa situazione è la continuazione di una tensione, di una radicalizzazione della politica thailandese che inizia sostanzialmente nel 2001, con la prima vittoria di Taksin, il fratello dell’attuale primo ministro, e che ha avuto un momento di svolta nel 2006, quando ci fu il colpo di Stato militare che rimosse Taksin. Lo scontro di oggi è lo stesso di allora, da una parte la classe media e la borghesia più ricca, che è concentrata a Bangkok, nella capitale, nonché i vecchi politici e in parte i militari che vogliono mantenere i privilegi economici che si sono guadagnati in questi anni di sviluppo economico; dall’altra parte, abbiamo – invece – Taksin, un politico certamente populista ma che ha fatto molte riforme a favore delle classi rurali e soprattutto delle classi più povere. In questo momento in Thailandia, questi gruppi – i cosiddetti “rossi”, dal colore delle loro camicie – sono la stragrande maggioranza in Thailandia e di fatto il partito di Taksin o di sua sorella ha vinto sempre le elezioni, dal 2001 in poi, con una maggioranza schiacciante alle ultime del luglio 2011.

D. – In questo momento, la protesta è abbastanza pacifica. C’è il rischio – secondo lei- di un degenerare della situazione?

R. – Purtroppo certamente c’è: per esempio, nell’aprile maggio 2010 – tre anni fa – ci furono addirittura quasi un centinaio di morti negli scontri che si sono verificati proprio a Bangkok, anche se probabilmente non è questo il rischio più grande, lo scenario più probabile è quello della continuazione di queste dimostrazioni da parte dei “gialli”. Giallo, in Thailandia, è il colore del lunedì, il giorno in cui è nato il re e questi gruppi un po’ più elitari si appoggiano sia pure indirettamente all’autorità del re.

D. – In questo momento, l’opposizione rifiuta nuove elezioni: “Andremo avanti fino in fondo”, hanno ribadito i leader …

R. – C’è il rischio di uno stallo politico di cui, per la verità, i militari approfittarono nel settembre 2006 per il colpo di Stato che estromise un premier Taksin eletto regolarmente.

D. – C’è il rischio che i militari intervengano nuovamente?

R. – Non penso ad un nuovo colpo di Stato, perché l’esperienza del 2006 è stata completamente negativa, per loro: hanno fatto approvare una costituzione ma poi, alle elezioni, ha sempre vinto il partito di Taksin e anche le riforme che loro avevano promesso non sono state praticamente mai attuate.

D. – La data del 2 febbraio, dunque, non è una certezza: perché la premier ha giocato questa carta?

R. – Per l’attuale premier fare le elezioni non costituisce un enorme rischio perché con una probabilità molto, molto elevata vincerà le elezioni. Nelle province del Nord e del Nordest e anche in gran parte delle province del Centro, il partito legato a Shinawatra è chiaramente maggioritario. Il partito democratico, che è il principale partito di opposizione, ha probabilità di vincere solo nelle province del Sud e naturalmente anche a Bangkok, nella capitale. Però, le regioni favorevoli a Shinawatra sono molto più popolate della regione unica – per la verità – e della capitale, che sono invece più legate all’opposizione. Per questo, temo che l’opposizione cercherà di boicottare le elezioni perché alla prova dei fatti, alla prova del voto sicuramente perderebbe.







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