Thailandia. Annunciato scioglimento del Parlamento ed elezioni anticipate
In Thailandia è in corso la giornata di protesta che l'opposizione definisce cruciale.
Rifiutata la proposta della premier, Shinawatra, di scioglimento del Parlamento e
di un esecutivo provvisorio da lei guidato. Le elezioni si terranno, ha annunciato
comunque il Capo del governo, il prossimo 2 febbraio. Stefano Vecchia:
La capitale
thailandese Bangkok vede in queste ore la dimostrazione di forza dell'opposizione.
Il messaggio dei leader è stato chiaro: o un' immensa partecipazione popolare che
costringa al cambiamento, oppure si consegneranno alla polizia che potrà eseguire
il mandato d'arresto per insurrezione. Dopo avere più volte dichiarato la disponibilità
al dialogo ma sempre specificando che ogni azione dovrà avvenire all'interno del quadro
costituzionale (diversamente interpretato però dalle parti), la signora primo ministro
questa mattina ha comunicato alla televisione di avere chiesto al re lo scioglimento
del parlamento e nuove elezioni, fissate per il 2 febbraio. La reazione dell'opposizione
è stata immediata e contraria a un esecutivo anche provvisorio guidato ancora da Yingluck
Shinawatra. I manifestanti hanno mosso sul Palazzo del governo dove nel weekend sono
state ricostruite le barricate smantellate per alcuni giorni in occasione del compleanno
del re il 5 dicembre. Nove cortei si sono messi in moto da punti diversi della città
per cercarne il blocco. Chiuse 65 scuole in 15 distretti, molte università hanno dichiarato
una giornata di libertà per gli studenti per consentirne la partecipazione, un gran
numero di sindacati ha proclamato l'astensione dal lavoro o l'adesione alla protesta.
Il Centro per l'amministrazione della legge e dell'ordine, che gestisce la crisi,
ha fatto sapere che il contrasto sarà fermo e efficace, ma non sarà fatto uso della
forza. Tuttavia solo attorno al Palazzo del governo sono stati schierati 6000 poliziotti
in assetto antisommossa. I responsabili della sicurezza, come pure quelli delle manifestazioni
hanno fatto presente la possibilità di azioni violente di provocatori. Pronte squadre
mediche d'emergenza e i vigili del fuoco. Ieri sera, al termine di una giornata convulsa,
tutti i 153 parlamentari del partito dei Democratici, il maggiore dell'opposizione
parlamentare e altri esponenti politici, si sono dimessi per delegittimare il governo
e per partecipare liberamente alla giornata odierna.
Sulla situazione Massimiliano
Menichetti ha intervistato Carlo Filippini professore di Economia politica
all'Università Bocconi, esperto dell'area:
R. – Questa
situazione è la continuazione di una tensione, di una radicalizzazione della politica
thailandese che inizia sostanzialmente nel 2001, con la prima vittoria di Taksin,
il fratello dell’attuale primo ministro, e che ha avuto un momento di svolta nel 2006,
quando ci fu il colpo di Stato militare che rimosse Taksin. Lo scontro di oggi è lo
stesso di allora, da una parte la classe media e la borghesia più ricca, che è concentrata
a Bangkok, nella capitale, nonché i vecchi politici e in parte i militari che vogliono
mantenere i privilegi economici che si sono guadagnati in questi anni di sviluppo
economico; dall’altra parte, abbiamo – invece – Taksin, un politico certamente populista
ma che ha fatto molte riforme a favore delle classi rurali e soprattutto delle classi
più povere. In questo momento in Thailandia, questi gruppi – i cosiddetti “rossi”,
dal colore delle loro camicie – sono la stragrande maggioranza in Thailandia e di
fatto il partito di Taksin o di sua sorella ha vinto sempre le elezioni, dal 2001
in poi, con una maggioranza schiacciante alle ultime del luglio 2011.
D. –
In questo momento, la protesta è abbastanza pacifica. C’è il rischio – secondo lei-
di un degenerare della situazione?
R. – Purtroppo certamente c’è: per esempio,
nell’aprile maggio 2010 – tre anni fa – ci furono addirittura quasi un centinaio di
morti negli scontri che si sono verificati proprio a Bangkok, anche se probabilmente
non è questo il rischio più grande, lo scenario più probabile è quello della continuazione
di queste dimostrazioni da parte dei “gialli”. Giallo, in Thailandia, è il colore
del lunedì, il giorno in cui è nato il re e questi gruppi un po’ più elitari si appoggiano
sia pure indirettamente all’autorità del re.
D. – In questo momento, l’opposizione
rifiuta nuove elezioni: “Andremo avanti fino in fondo”, hanno ribadito i leader …
R.
– C’è il rischio di uno stallo politico di cui, per la verità, i militari approfittarono
nel settembre 2006 per il colpo di Stato che estromise un premier Taksin eletto regolarmente.
D.
– C’è il rischio che i militari intervengano nuovamente?
R. – Non penso ad
un nuovo colpo di Stato, perché l’esperienza del 2006 è stata completamente negativa,
per loro: hanno fatto approvare una costituzione ma poi, alle elezioni, ha sempre
vinto il partito di Taksin e anche le riforme che loro avevano promesso non sono state
praticamente mai attuate.
D. – La data del 2 febbraio, dunque, non è una certezza:
perché la premier ha giocato questa carta?
R. – Per l’attuale premier fare
le elezioni non costituisce un enorme rischio perché con una probabilità molto, molto
elevata vincerà le elezioni. Nelle province del Nord e del Nordest e anche in gran
parte delle province del Centro, il partito legato a Shinawatra è chiaramente maggioritario.
Il partito democratico, che è il principale partito di opposizione, ha probabilità
di vincere solo nelle province del Sud e naturalmente anche a Bangkok, nella capitale.
Però, le regioni favorevoli a Shinawatra sono molto più popolate della regione unica
– per la verità – e della capitale, che sono invece più legate all’opposizione. Per
questo, temo che l’opposizione cercherà di boicottare le elezioni perché alla prova
dei fatti, alla prova del voto sicuramente perderebbe.