Il Papa ai teologi: siate pionieri del dialogo della Chiesa con le culture
Il Papa ha ricevuto i membri della Commissione Teologica Internazionale, guidati dal
presidente, mons. Gerhard Ludwig Müller, a conclusione della plenaria. Nel suo discorso
Papa Francesco ha incoraggiato i teologi ad essere pionieri del dialogo della Chiesa
con le culture. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Papa Francesco
riafferma "l’importanza del servizio ecclesiale dei teologi per la vita e la missione
del Popolo di Dio”. Al teologo – sottolinea citando la Gaudium et spes - appartiene
il compito di “ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi
del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della Parola di Dio, perché la verità
rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata
in forma più adatta”. Quindi offre il suo forte incoraggiamento:
“I teologi
sono dunque dei ‘pionieri’, è importante questo… pionieri. Avanti! Pionieri del dialogo
della Chiesa con le culture… ma, questo dei pionieri è anche importante perché alcune
volte si può pensare che sono dietro, in caserma … No: sulle frontiere. Questo dialogo
della Chiesa con le culture è un dialogo al tempo stesso critico e benevolo … che
deve favorire l’accoglienza della Parola di Dio da parte degli uomini «di ogni nazione,
razza, popolo e lingua”.
I tre temi che attualmente occupano la Commissione
– ha ricordato il Papa – “si inseriscono in questa prospettiva. La vostra riflessione
sui rapporti tra monoteismo e violenza attesta che la Rivelazione di Dio costituisce
veramente una Buona Notizia per tutti gli uomini”:
“Dio non è una minaccia
per l’uomo! La fede nel Dio unico e tre volte santo non è e non può mai essere generatrice
di violenza e di intolleranza. Al contrario, il suo carattere altamente razionale
le conferisce una dimensione universale, capace di unire gli uomini di buona volontà.
D’altra parte, la Rivelazione definitiva di Dio in Gesù Cristo rende oramai impossibile
ogni ricorso alla violenza ‘nel nome di Dio’. È proprio per il suo rifiuto della violenza,
per aver vinto il male con il bene, con il sangue della sua Croce, che Gesù ha riconciliato
gli uomini con Dio e tra di loro”.
E la Chiesa – ha proseguito – “è tenuta
a vivere prima di tutto in se stessa quel messaggio sociale che porta nel mondo. Le
relazioni fraterne tra i credenti, l’autorità come servizio, la condivisione con i
poveri: tutti questi tratti, che caratterizzano la vita ecclesiale fin dalla sua origine,
possono e devono costituire un modello vivente ed attraente per le diverse comunità
umane, dalla famiglia fino alla società civile”. “Tale testimonianza – ha sottolineato
- appartiene al Popolo di Dio nel suo insieme, che è un Popolo di profeti. Per il
dono dello Spirito Santo, i membri della Chiesa possiedono il ‘senso della fede’.
Si tratta di una sorta di ‘istinto spirituale’, che permette di sentire cum Ecclesia
e di discernere ciò che è conforme alla fede apostolica e allo spirito del Vangelo”:
“Certo, il sensus fidelium non si può confondere con la realtà sociologica
di un’opinione maggioritaria, quello è chiaro. È un’altra cosa. È importante dunque
- ed è un vostro compito - elaborare i criteri che permettono di discernere le espressioni
autentiche del sensus fidelium. Da parte sua, il Magistero ha il dovere di essere
attento a ciò che lo Spirito dice alle Chiese attraverso le manifestazioni autentiche
del sensus fidelium”.
La missione dei teologi – ha concluso il Papa è “al
tempo stesso affascinante e rischiosa”. “Affascinante, perché la ricerca e l’insegnamento
teologico possono diventare una vera strada di santità”. D’altra parte, con il rischio
“possiamo andare avanti”:
“Ma è anche rischiosa, perché comporta delle tentazioni:
l’aridità del cuore, ma questo è brutto … quando il cuore si inaridisce e crede di
poter riflettere su Dio con quell’aridità … quanti sbagli! L’orgoglio, persino l’ambizione.
San Francesco di Assisi una volta indirizzò un breve biglietto al fratello Antonio
di Padova, dove diceva tra l’altro: «Mi piace che insegni la sacra teologia ai fratelli,
purché, nello studio, tu non spenga lo spirito di santa orazione e di devozione».
Anche avvicinarsi ai piccoli aiuta a diventare più intelligenti e più sapienti”.