2013-12-05 20:19:54

Rifiuti: in Italia cresce industria del recupero, ma siamo ancora indietro rispetto alla media Ue


Continua a crescere, in Italia, il business del riciclo rifiuti, nonostante il calo dei consumi familiari e della produzione industrale. Il Belpaese, tuttavia, sconta ancora un grave ritardo rispetto al resto dell’Ue. A rilevarlo è il rapporto “L’Italia del riciclo”, presentato questo giovedì a Montecitorio dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e dalla Fise Unire, che rappresenta le aziende del recupero rifiuti. Per un commento, Antonella Pilia ha intervistato Corrado Scapino, presidente della Fise Unire:RealAudioMP3

R. - La crisi ha colpito tutto il sistema, però ciò che emerge dal rapporto è che il settore del recupero rifiuti è quello che ha patito di meno. Questo vuol dire che si tratta di una realtà oramai stabilizzata nel nostro Paese: non è più qualcosa che si fa come volontariato – come una volta – o come esigenza ambientale, ma è diventato un vero e proprio sistema industriale.

D. - Nonostante i passi in avanti, l’Italia è molto indietro rispetto ad altre nazioni dell’Unione Europea, soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani …

R. - Sì! Anche se negli ultimi anni abbiamo recuperato un 23 per cento, che è significativo, siamo molto indietro nel recupero energetico. In Germania e in altri Paesi europei, una quota di smaltimento in discarica va negli inceneritori; noi invece abbiamo un grave ritardo da questo punto di vista. E poi abbiamo ancora enormi differenze a livello nazionale: nel sud la raccolta differenziata, anche se è cresciuta, è ancora distante dalle medie europee; se invece prendessimo altre parti d’Italia, saremmo tranquillamente in linea con i dati europei.

D. - Da questo punto di vista, anche a Roma, la raccolta differenziata funziona a macchia di leopardo …

R. - Sì, è davvero un peccato: una città come Roma, una delle più belle del mondo oltre che una grande meta turistica, dovrebbe fare la raccolta non solo per questioni ambientali, ma anche economiche. Anche qui, probabilmente, hanno pesato dei ritardi culturali da parte delle amministrazioni e, in passato, anche un ricorso alla discarica a costi troppo bassi, per cui le raccolte diventavano poco convenienti. Però adesso non c’è più giustificazione per cambiare il passo!

D. - Quali sono i maggiori ostacoli al raggiungimento di una vera e propria società del riciclo in Italia?

R. - I dati italiani sono già paragonabili a quelli tedeschi. Però abbiamo alcune questioni di fondo da risolvere. In primo luogo, abbiamo leggi molto farraginose. Teniamo presente che già il rifiuto viene visto con un certo sospetto – gli si preferisce la materia prima perché non ci sono i controlli – se poi la procedura è anche più complessa, questo non aiuta di certo. Dunque si tratta di uniformare leggi che, tra l’altro, sono già esistenti e renderle di più facile attuazione, affinché possano effettivamente aiutare chi vuole riciclare. La seconda questione sono i cosiddetti acquisti verdi, i green procurement: se una quota dei materiali che lo Stato e tutte le sue ramificazioni utilizza, lo prendesse dal materiale riciclato, probabilmente non vedremmo più tutte queste camionate di macerie nei nostri boschi! Le faccio un esempio pratico: se venisse usato il polverino di pneumatici nei tratti di strada dove c’è bisogno di abbassare il rumore o in tratti particolarmente pericolosi, questo da solo basterebbe a risolvere il problema di tutti i pneumatici abbandonati nelle discariche.

D. - Oltre a fare bene all’ambiente, possiamo dire che il riciclo dei rifiuti è importante per l’economia?

R. - Questo in Italia è sempre stato vero: anche perché non disponendo di foreste, non possiamo avere la cellulosa; non disponendo di miniere, non possiamo avere materie prime. Un chilo di prodotto fatto in Italia è costituito per l’80 per cento da acciaio, da alluminio o da piombo riciclato: sono queste le nostre miniere. La carta è riciclata al 60 per cento, il vetro ha superato il 30 per cento… Da questo punto di vista, forse, siamo il Paese che ricicla di più. Abbiamo delle nicchie di ritardo che bisogna colmare, ma l’andamento generale è assolutamente positivo e già adesso quello del riciclo rifiuti è un settore economico fondamentale per il nostro Paese.

D. – Nel ritardo italiano, infine, incide ancora la mancata sensibilità a queste tematiche …

R. – Molta gente, a volte, non collabora perché è ancora convinta che in realtà sia una moda, una messa in scena: non è convinta che fare sacrifici per separare i rifiuti e riciclare sia utile. A queste persone voglio dire che quello che raccolgono va a finire nella nostra industria e quindi è una ricchezza! L’altra cosa, invece, che - secondo me - è problematica è che siccome le tariffe pubbliche aumentano - perché hanno appesantimenti sociali, politici, etc. - il cittadino non tocca con mano il risparmio che ha avuto e i contributi che il Comune ha preso dal riciclo, e questo è un fatto negativo!







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