Napolitano sul volontariato: il Paese ha bisogno di coesione sociale. Per la Convol
serve un nuovo welfare
Oggi più che mai" il Paese "ha bisogno di solidarietà e coesione sociale". Lo ha affermato
il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio inviato a un convegno
a Roma per la Giornata internazionale del Volontariato. Il premier Letta ha rivendicato
l’azione del governo, che, ha detto, dopo anni di tagli è tornato a investire nel
sociale. Alessandro Guarasci:
Sette milioni
di persone, 400 mila associazioni. Sono i numeri del volontariato in Italia e una
parte di questa realtà si è riunita in un teatro romano. Il premier Letta, in un videomessaggio
dice che questa legge di stabilità è un’inversione di tendenza: 350 i milioni per
la non autosufficienza, trovati i fondi per il 5 per mille.
“Il tema di
una legge di stabilità che inverta la tendenza sull’investimento sul sociale è sempre
stato nella mia testa fin dall’inizio. Non è abbastanza quello che abbiamo fatto?
Accetto la critica, però rivendico che dopo anni in cui sul sociale si sono fatti
solo tagli, questa è la prima legge di stabilità che inverte la tendenza”.
Il
ministro del Welfare Giovannini punta a introdurre nel 2015 il sostegno all’inclusione
attiva per le fasce più povere. Ma quanto ci vorrebbe per garantire tutti coloro che
sono in povertà? “Un miliardo e mezzo sarebbe sufficiente a portare tutte le
persone che sono sotto la soglia della povertà al 50 per cento di distanza dalla soglia
di povertà. Quindi è un fatto di priorità che via via può allargarsi ad altre fasce
della popolazione”.
Per Edoardo Patriarca, presidente del Centro per il
Volontariato, servono anche altri interventi
“Sicuramente il 5 per mille,
che speriamo davvero di portare al tetto giusto, che sia davvero un 5 per mille e
non un tre o un 4 per mille. Il tema delle donazioni e quindi -come sta accadendo
per la legge sul finanziamento dei partiti - incentivare fiscalmente le donazioni
in termini più decisi”.
Insomna, il carico fiscale è eccessivo anche se
si decide di fare beneficenza.
Un profondo cambiamento culturale, per fare
dell’Italia un cantiere di solidarietà e di giustizia. È l’appello lanciato dalla
Convol, la Conferenza permanente delle associazioni, federazioni e reti di volontariato.
L’organismo, che riunisce 24 realtà nazionali impegnate nel sociale, ha anche diffuso
un documento con alcune proposte concrete: un nuovo welfare dei diritti, un sistema
di tassazione più giusto e la garanzia di risorse per il Sud. Sul ruolo del volontariato
in Italia ai tempi della crisi, Antonella Pilia ha intervistato il presidente
della Convol, Emma Cavallaro:
R. – Noi vediamo
sempre più persone che sono totalmente sfiduciate, che non credono più di poter fare
niente per impegnarsi nella realtà della città, della nazione e del Paese. In questo
contesto, crediamo che bisogna aiutare queste persone a ritrovare la fiducia in se
stesse e negli altri. Il volontariato ha come sua tipicità valori come la condivisione,
la solidarietà, la sussidiarietà, la partecipazione, l’impegno per la legalità, la
denuncia quando serve. Inoltre, il fatto di vivere a contatto con le persone – perché
i volontari, secondo Federico Ozanam, sono quelli che salgono le scale delle soffitte
tutti i giorni e vanno a trovare le persone – ci da la possibilità anche di spenderci
in questa opera di rinascita di fiducia e di speranza.
R. – Nel documento
“Una nuova cultura della solidarietà per un Paese più giusto”, promuovete la necessità
di una rivoluzione culturale. In cosa consiste?
D. – Viviamo in una realtà
che oggi discrimina e fa sì che il più forte, il più ricco, il più sano e anche il
più bello, sia la persona più importante. Noi vogliamo veramente ridare a ogni persona
la sua dignità e la sua capacità di incidere e lavorare. Cambiare la cultura significa
anche far sì che ciascuno si senta davvero responsabile nei confronti di tutti, anche
e soprattutto in un Paese dove la cultura oggi porta a chiuderti in casa, ad aver
paura di chi non conosci; tanto più se si tratta di uno straniero, se ti dicono che
è quello che ti sta portando via il lavoro e tanti benefici che potrebbero essere
tuoi. Allora noi vorremmo incidere in questo senso, per ritrovare un Paese capace
di integrazione, che sia davvero un nuovo cantiere di solidarietà e di giustizia per
tutti, ma soprattutto per le nuove generazioni.
D. – Cosa chiedete allo Stato
per aiutarvi a realizzare questo obiettivo?
R. – Sono tre i punti che abbiamo
messo in evidenza. Il primo è un welfare dei diritti: il welfare non è un costo e
non è un lusso, non è per i poveri o i meno fortunati; è un investimento che però
poi rafforza le condizioni per il benessere e per lo sviluppo della società. È veramente
un diritto di ognuno e l’estinzione del Fondo nazionale per le politiche sociali è
una cosa gravissima. Dunque ci vuole un welfare che faccia appello a solidarietà allargate:
pubbliche, private, nazionali e locali. Chiediamo anche che si torni a una tassazione
progressiva e giusta; e un impegno per togliere tutta la corruzione e lo spreco nella
spesa pubblica, perché abbiamo appena saputo che in questo modo vanno via 3 miliardi
ogni anno, ed è veramente una vergogna! Questi interventi, però, non devono chiaramente
intervenire sui diritti come quello della scuola, della sanità e dell’assistenza sociale
che, in fondo, sono il modo di rendere reale il principio costituzionale dell’uguaglianza.