Monache "rapite" in Siria, mons. Zenari: tristezza in tutti, la gente non vuole questa
guerra
Ancora preoccupazione per le suore del monastero greco-ortodosso di Santa Tecla a
Ma’lula, in Siria, che nei giorni scorsi sono state prelevate con la forza da un gruppo
di uomini armati. Secondo il quotidiano siriano Al-Watan, le monache potrebbero essere
usate come “scudi umani”. Ieri Papa Francesco aveva invitato tutti a pregare per le
religiose, per le persone sequestrate a causa del conflitto e per la pace. Per un
quadro della situazione, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Damasco
il nunzio apostolico in Siria, l’arcivescovo Mario Zenari:
R. - Purtroppo
ultime notizie non se ne hanno: risalgono ancora all’altro giorno. Sono in contatto
con il Patriarcato greco-ortodosso qui a Damasco. Il 3 sera la superiora di questo
gruppo di suore, che sono state forzate a partire dal convento di Ma’lula, ha potuto
mettersi in comunicazione con un ecclesiastico dello stesso Patriarcato e, in una
brevissima comunicazione, ha detto che stanno bene. Le religiose erano state “obbligate
a partire” - usiamo questo termine, perché non si sa ancora come definire ciò che
è avvenuto - nel primo pomeriggio del 2 dicembre.
D. - E’ vero che sarebbero
nel villaggio di Jabrud, a nord di Damasco?
R. - E’ possibile. Questo gruppo
armato avrebbe detto alle suore di andare verso questa località, che è a 20 km a nord
di Damasco. Si tratta di una zona non tanto sicura, purtroppo: è nella regione di
Kalamun, che in queste ultime settimane è teatro di aspri scontri tra l’esercito regolare
e i gruppi di ribelli.
D. - La stampa siriana ha riferito che queste persone,
che hanno portato via con la forza le monache, vorrebbero usare le stesse suore come
scudi umani…
R. - Potrebbe essere, però è difficile dire per quale scopo abbiano
fatto questa azione. Non si sa ancora. E questo rende un po’ inquieti: almeno da quello
che è a nostra conoscenza non hanno manifestato che cosa vogliano ottenere con tale
gesto deprecabile. C’è da dire che tutto ciò, anche se ha certe caratteristiche un
po’ diverse, fa pensare ai due vescovi ortodossi di cui non si sa niente ormai da
sette mesi e ai tre sacerdoti dei quali pure non si sa nulla. Non so se sia la stessa
strategia, che cosa vogliano o se ci siano magari trattative che noi non conosciamo.
Non abbiamo nessun’altra notizia.
D. - Il Papa ha invitato tutti a pregare
per le monache portate via con la forza e per tutte le persone sequestrate a causa
del conflitto, esortando ancora una volta a pregare e ad operare insieme per la pace.
Che eco hanno avuto le parole del Santo Padre?
R. - Questo appello del Papa
- come tutti i numerosi appelli del Pontefice per la riconciliazione, per la pace,
per la cessazione della violenza - direi che è molto, molto forte per tutti i siriani.
E’ stato bene anche che il Santo Padre abbia accennato a tutte le persone rapite o
di cui non si sa niente, perché - oltre a queste che ho menzionato prima - ce ne sono
centinaia e centinaia che sono sparite o sono state rapite e delle quali non si sa
niente, per vari motivi: a cominciare dalla delinquenza comune, che rapisce a scopo
di denaro, ad altri scopi, magari politici. Quindi sono centinaia, purtroppo, le persone
che mancano all’affetto delle loro famiglie.
D. - In questo momento un po’
tutte le Chiese della regione si sono espresse sulla vicenda delle suore. In generale
qual è la speranza della Chiesa per il futuro della Siria?
R. - Il fatto che
queste monache siano state obbligate con la forza, con le armi in pugno, ad uscire
dal monastero, nel quale avevano deciso di rimanere per dare una testimonianza in
questo antico villaggio cristiano, che è una perla per tutti i siriani e non solo
per i cristiani, naturalmente è stato appreso con tanta tristezza. Se questo poi si
mette anche nel contesto di certi altri gesti compiuti nelle ultime settimane, in
cui sembra che i cristiani siano stati presi particolarmente di mira da certi gruppi
estremisti, fa aumentare ancora l’inquietudine e il dolore e non solo per la comunità
cristiana: da quello che vedo, c’è una forte reazione da parte di tutti i siriani,
a qualsiasi religione e a qualsiasi credo appartengano, e da parte delle autorità.
I siriani non pensavano che questo conflitto potesse arrivare a questo punto. Devo
anche precisare che in Siria c’è sempre stata una coabitazione esemplare fra le diverse
fedi, i diversi credi. Generalmente, da quello che si sa, sono elementi esterni alla
Siria quelli che compiono gesti di profanazione di luoghi sacri, di chiese…
D.
- Questa reazione così forte anche dei siriani che significato ha?
R. - Direi
che questa guerra non la vuole - io credo - nessuno in Siria. Almeno così come è andata
via via mostrandosi. Perché i siriani sono per una nuova Siria, più democratica, più
rispettosa delle libertà fondamentali e dei diritti umani e non per una Siria che
alcuni gruppi estremisti vorrebbero proporre. Direi che fa presa vedere questa reazione,
di persone che dicono: da questa strada, con questi metodi non si va nessuna parte.