Consulta boccia "Porcellum". Savarese: campanello d'allarme per la politica
Dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della legge elettorale, dichiarata
illegittima sia per quanto riguarda il premio di maggioranza che per le liste bloccate,
ora la parola passa al Parlamento. Pd e Nuovo Centrodestra auspicano subito una riforma;
critiche dalla Lega secondo la quale “la toppa è peggio del buco”, mentre il Movimento
5 Stelle chiede lo scioglimento della Camere e il ritorno al voto con il Mattarellum”.
In serata le parole del presidente Napolitano che, da Napoli, sottolinea come la Corte
non abbia messo in dubbio la continuità nella legittimità del Parlamento. Secondo
Napolitano: "Il problema era e resta quello dell'espressione di una volontà politica
tesa a produrre finalmente la riforma elettorale giudicata necessaria da tutte le
parti". Per una valutazione politica del pronunciamento della Consulta, Paolo Ondarza
ha intervistato Paolo Savarese, docente di Etica Sociale alla Pontificia Università
Gregoriana:
R. – I partiti
hanno preso questa pronuncia con la solita mentalità del conflitto e del tentativo
di tirare ciascuno acqua al proprio mulino. Io penso che al di là degli aspetti giuridici,
che sono complessissimi e anche molto preoccupanti, questo è un grande campanello
d’allarme per la politica: è quasi un’ultima chiamata. Io ritengo che si debba affrontare
seriamente il disagio degli italiani di fronte al loro sistema rappresentativo.
D.
– Dal punto di vista puramente politico, questo pronunciamento cosa comporterà?
R.
– E’ possibile che ci sia un congelamento degli equilibri politici attuali, ma per
quanto tempo possa reggere è il punto interrogativo. E la situazione economica e il
disagio profondo degli italiani, premono. Ma la classe politica deve capire che non
può continuare con i riflessi condizionati che la stanno dominando.
D. – Può
questo pronunciamento velocizzare il cammino verso la riforma della legge elettorale?
R.
– Questo penso di sì. Lo penso e me lo auguro profondamente. Spero anche che le varie
forze in campo la smettano di pensare a riforme elettorali favorevoli al loro bacino
elettorale, e pensino all’Italia.
D. – Ci voleva un ricorso dei cittadini e
un pronunciamento della Consulta per stringere sui tempi …
R. – E’ triste,
eh? Ma è così…
D. – Ma questo pronunciamento potrebbe avere anche un effetto
destabilizzante, per quanto riguarda l’attuale quadro politico? Grillo, ad esempio,
ha detto: “Si sciolgano le camere e si vada subito al voto con il "Mattarellum”…
R.
– Sarebbe una follia, secondo me. Vede, il problema non è solo la legge elettorale,
ma è anche l’architettura delle istituzioni, per cui una nuova legge elettorale che
tenga conto dei due punti della Consulta ma non metta mano al quadro istituzionale,
rischia di essere l’aspirina per un malato grave…
Quale invece il valore giuridico
del pronunciamento della Consulta? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Gianfranco
Garancini, vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani:
R. – Questa
nota della presidenza della Corte costituzionale non ha il valore di sentenza: bisognerà
aspettare che la sentenza venga pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, quindi non c’è
nessun pericolo per una decadenza di massa del parlamento.
D. – Il parlamento
è chiamato, adesso, a stringere i tempi, a legiferare sulla legge elettorale. Qualora,
però, il parlamento non riuscisse ad arrivare a una soluzione, si dovrebbe ritornare
al precedente sistema elettorale?
R. – Proprio su questo c’è stato il contrasto,
la discussione all’interno della Corte, cioè se dichiarare incostituzionale la legge
nel suo complesso o soltanto dichiarare costituzionali alcune parti della legge, il
che è successo. Vuole dire che in realtà resta vigente quella legge lì, alla quale
sono state più o meno chirurgicamente tolte alcune parti: la parte relativa al premio
di maggioranza e la parte relativa all’espressione della preferenza. Conseguenza pratica
è che, se si dovesse votare domani, non succederebbe niente: si applicherebbe il “Porcellum”.
Se si dovesse votare dopo la pubblicazione della sentenza, si voterebbe con una legge
elettorale tranne le cose che sono state dichiarate incostituzionali. E praticamente
si arriverebbe a un proporzionale puro, con le preferenze. La Corte, secondo me, con
attenzione e con senso dello Stato, ha dato un po’ di tempo al parlamento perché legiferi,
perché faccia una legge elettorale nuova. Non ci sarà mai un vuoto di legislazione:
se il parlamento non legifererà, quando sarà pubblicata la sentenza della Corte, si
andrà a votare con questo “Porcellum dimagrito"…
D. – Il valore giuridico di
questa sentenza: è corretto definirla "storica"?
R. – Secondo me, è corretto
definirla storica non per ragioni giuridiche, ma per ragioni politiche, perché in
realtà con questa sentenza si sono viste due cose. Primo, che il parlamento non è
stato in grado di fare una legge nuova e c’è voluto – provvidenziale garanzia costituzionale
dell’ordinamento, come si diceva ai tempi della Costituente – questo intervento per
dare comunque un’accelerazione, dando anche delle indicazioni precise. Il parlamento
potrà votare, potrà fare la legge che vuole, però non potrà più farla con un premio
di maggioranza così indifferenziato e non potrà più farla facendo nominare i deputati
e i senatori in realtà dalla segreteria dei partiti e non dagli elettori.
D.
– E questo intervento non enfatizza una conflittualità già esistente tra poteri?
R.
– Assolutamente no, perlomeno secondo me. Intanto, perché i giudici della Corte costituzionale
non sono poteri a livello conflittuale sul piano orizzontale: la Corte costituzionale
nasce come garanzia di rispetto dei principi generali. Quindi, non c’è un conflitto.
Anche il potere legislativo ha costituzionalmente un limite. E il guardiano di questo
limite è la Corte costituzionale. Meno male che c’è.