Malawi: i vescovi chiedono ai donatori internazionali di non abbandonare il Paese
Fare un’immediata pulizia per riguadagnare la fiducia dei donatori stranieri, il cui
aiuto è indispensabile per alleviare la povertà del popolo del Malawi, e iniziare
una profonda riflessione nazionale per evitare che nuovi casi di corruzione di questa
portata si ripetano. E’ quanto chiedono i vescovi del Paese africano, dopo lo scoppio
di quello che è stato ribattezzato il “Cash gate”, lo scandalo della frode di fondi
elargiti dai donatori internazionali per gli aiuti allo sviluppo. Nella vicenda sono
coinvolti una cinquantina di funzionari statali che avrebbero stornato quasi 200milioni
di dollari. Per tutta risposta i donatori internazionali (Unione Europea, Gran Bretagna,
Norvegia e Banca africana di Sviluppo) hanno sospeso i finanziamenti. In una nota
diffusa ieri, i vescovi esprimono profondo sconcerto per quanto sta emergendo, che,
affermano, è “imbarazzante per il Malawi” ed è il “sintomo di una seria decadenza
morale” nel Paese. Nel documento, i presuli evidenziano le conseguenze drammatiche
dello stop degli aiuti per il popolo malawiano: aumento della povertà e dell’inflazione
ai danni delle categorie più deboli; difficoltà ad importare beni di prima necessità,
come medicine e mezzi agricoli. Più in generale – rilevano - i cittadini e i contribuenti
malawiani saranno penalizzati tre volte: dalla sottrazione delle già scarse risorse
pubbliche; dalla riduzione dei servizi pubblici conseguente ai tagli che si renderanno
necessari e, infine, dai costi dei complessi procedimenti giudiziari contro i responsabili.
Di qui il fermo appello alle autorità governative a fare subito pulizia, per ricostruire
la fiducia dei cittadini e recuperare la credibilità internazionale del Malawi, ma
anche l’invito ai donatori internazionali a riconsiderare la sospensione degli aiuti
che sta avendo gravissime conseguenze sociali. Quindi l’esortazione a tutti i cittadini
del Malawi a un profondo esame di coscienza e a un “autentico pentimento”, ricordando
che nella gestione delle risorse pubbliche prima ancora che ai propri concittadini,
è a Dio che devono rispondere. Anche i meccanismi e i sistemi di controllo finanziario
– evidenziano i vescovi – si reggono sull’integrità morale di chi li gestisce. Essi
esortano poi i sacerdoti e i religiosi a non strumentalizzare il “Cash gate” per interessi
di parte, perché non spetta alla Chiesa fare scelte politiche per la gente. La dichiarazione
conclude ricordando le parole del Beato Giovanni Paolo II, che nell’Enciclica sociale
“Sollicitudo Rei Socialis” affermava che “L'ostacolo principale da superare per una
vera liberazione è il peccato e le strutture da esso indotte, man mano che si moltiplica
e si estende” e “così diventano sorgente di altri peccati, condizionando la condotta
degli uomini”. (A cura di Lisa Zengarini)