Nasce il comitato "Sì alla famiglia". Obiettivo: la tutela del matrimonio tra uomo
e donna
Si è costituito ieri a Torino il comitato “Sì alla famiglia”: 16 le associazioni coinvolte:
da Alleanza Cattolica al Forum delle famiglie, dall’Agesci al Movimento Cristiano
lavoratori. Il manifesto presentato, ieri pomeriggio, nasce da una riflessione sul
Magistero della Chiesa e sugli interventi di Papa Francesco. Tre i capisaldi: tutela
del matrimonio tra uomo e donna, sì all’accoglienza delle persone omosessuali, no
a norme che creino reati di opinione. Paolo Ondarza ha intervistato il coordinatore
del Comitato, Massimo Introvigne, già rappresentante per la lotta contro il
razzismo, la xenofobia e la discriminazione presso l’Osce:
R. - La famiglia
ha bisogno di essere tutelata. Ha detto il presidente della Conferenza episcopale
italiana, cardinale Bagnasco, che “chiamare ‘famiglia’ altre formazioni sociali, finisce
per indebolire il modello della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una
donna”. Noi pensiamo anche che i bambini abbiano diritto, per la loro formazione integrale,
ad avere un papà e una mamma. Questa non è discriminazione: è un giudizio fondato
su una certa antropologia.
D. - Alla base di “Sì alla famiglia” c’è una riflessione
sul Magistero della Chiesa e sugli insegnamenti di Papa Francesco…
R. - Ci
siamo lasciati interrogare da quelle frasi che hanno colpito il mondo intero, secondo
cui le persone omosessuali non devono essere giudicate - “Chi sono io per giudicarle?”
- che abbiamo approfondito con i rimandi che il Papa stesso fa al Catechismo. Ancora
nella recente Esortazione apostolica Evangelii gaudium rivendica fortemente
il diritto della Chiesa e dei cattolici di prendere posizione sulle questioni politiche
e sociali. Quindi, da una parte “Chi siamo noi per giudicare le persone?”, ma dall’altra
“Chi siamo noi per non giudicare le leggi e per sottrarci al nostro dovere di cristiani
e di cittadini di dire un ‘sì’ o un ‘no’ quando sono sul tappeto delle proposte di
tipo legislativo?”.
D. - Il manifesto “Sì alla famiglia” è favorevole
a colpire in modo esemplare le violenze, le minacce e gli insulti agli omosessuali,
è invece contrario a norme sull’omofobia che creino reati di opinione…
R. -
Qual è il problema? Il problema è che la nozione di omofobia in tutte questi leggi,
che già esistono in alcuni Paesi europei, è vaga e mi si consenta di dire - dato che
nel 2011 sono stato rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa per la lotta al razzismo e alla discriminazioni religiose - che ho visto
molti casi concreti di leggi sull’omofobia applicate per punire delle opinioni che
erano, non sulle persone, ma su comportamenti omosessuali, come avviene da parte di
molte grandi religioni. Molti casi europei riguardano l’islam. Allora non vogliamo
che chi si oppone alle conseguenze giuridiche della cosiddetta ideologia di genere
debba temere di andare in prigione.
D. - Vi ricollegate, nel vostro manifesto,
a quanto pronunciato dall’allora cardinale Bergoglio in una lettera del 2010 ai laici
argentini, in occasione dell’approvazione di una legge che introduceva il matrimonio
e le adozioni omosessuali nel Paese…
R. - Sì, quella marcia dei laici
argentini aveva una piattaforma molto simile alla nostra: mansuetudine nei toni e
stile cristiano; massimo rispetto per le persone, senza giudicarle - e lo dice anche
il Vangelo - ma giudizio molto fermo sul dire “no” alle leggi che pretendono di introdurre
il matrimonio omosessuale e l’adozione omosessuale. Su questo siamo molto chiari.
Noi non sosteniamo affatto che i bambini affidati a coppie omosessuali abbiano maggiori
possibilità di essere maltrattati o molestati: queste sono affermazioni che non sono
sostenute dal dato statistico, né le abbiamo mai formulate! Diciamo semplicemente
che un bambino che cresce con due papà o con due mamme, anziché con una mamma e con
un papà, non riuscirà facilmente ad apprezzare la bellezza e la differenza sessuale
che, sulla base dell’antropologia cristiana, è un bene per il bambino.