Visita del Papa a una chiesa romana di periferia. Il parroco: evento straordinario
per la nostra comunità
Grande attesa in tutto il quartiere romano di Tor Sapienza che, oggi pomeriggio, accoglierà
Papa Francesco. Il vescovo di Roma visiterà la Parrocchia San Cirillo Alessandrino,
cuore cristiano di una zona periferica alle prese con mille difficoltà, acuite dalla
crisi. Federico Piana ha chiesto al parroco don Marco Ridolfo di tracciare
una carta d’identità della sua parrocchia e di raccontare i sentimenti con i quali
i fedeli si preparano ad accogliere il Papa:
R. – La parrocchia
nasce una cinquantina di anni fa, inizialmente come cappella privata; poi, a questa
cappella è stata unita una casa canonica; per i primi 50 anni è stata guidata dai
Frati del Sacro Cuore di Timon David. Poi c’è stato questo grande cambiamento, sia
da un punto di vista strutturale – perché la vecchia struttura è stata abbandonata
in favore di una struttura più nuova e più grande – e poi, appunto, nell’agosto di
quest’anno c’è stato il passaggio dai sacerdoti religiosi al clero diocesano.
D.
– In che tipo di quartiere è inserita la parrocchia?
R. – Quando si pensa ai
quartieri periferici, si parla sempre di difficoltà, ed effettivamente ci sono tante
difficoltà. Poi, ovviamente, ci si è messa di mezzo la crisi, per cui ovviamente tutti
ne risentono, tutti ne risentiamo, visto che naturalmente la parrocchia vive nel
quartiere e vive del quartiere. Però a me piace pensare – e non perché voglia
falsare la realtà – che comunque non ci sono soltanto problemi. Quando sono venuto
qui, mi è stata presentata la storia di un quartiere problematico: ed effettivamente
lo è. Però, insieme ai problemi c’è anche tanta voglia di crescere, tanta voglia di
sperare, c’è tanta bontà, tanto desiderio di bontà da parte di persone che hanno conosciuto
la durezza del vivere, e questa durezza non le ha trascinate nella tentazione di una
chiusura, di un rapporto di sfiducia nei confronti della vita, nei confronti dell’altro.
Anzi, è vero quanto si dice di solito: che chi ha conosciuto la povertà sa aiutare
chi è nella povertà.
D. – Come vi siete preparati per accogliere Papa Francesco?
R.
– E’ vero che abbiamo lavorato tanto, però è anche vero che questo lavoro, questo
servizio non è circoscritto soltanto ad un evento. E’ bello vedere che sì, in questi
giorni naturalmente – per ovvi motivi – il lavoro si è intensificato, però lo stesso
servizio che stiamo vivendo in questi giorni lo vivevamo già un mese fa, due mesi
fa, quando normalmente ci prepariamo per una funzione domenicale, quando prepariamo
i bambini, quando la gente viene a pulire la chiesa … Noi, come dicevo prima, siamo
una parrocchia che vive del quartiere e nel quartiere, quindi viviamo
con quello che abbiamo, di quello che la gente può offrire in termini di servizio.
E’ vero che c’è un impulso maggiore, però ciò che presentiamo al Papa è essenzialmente
la realtà che noi viviamo di giorno in giorno, perché lui viene a conoscere la nostra
vita, la nostra storia quotidiana. Non ci sarà niente di straordinario perché l’evento
è già di per sé straordinario così come straordinaria è la vita della parrocchia!
E questa offriamo, senza nessuna finzione: il Papa riceverà una fotografia di quello
che normalmente noi viviamo di domenica in domenica …