Mons. Nykiel: se le chiese restano aperte aumenterà la gente che si confessa
Ogni cristiano è chiamato a professare la sua fede nella Divina Misericordia e a riconoscere
alla Chiesa il potere di rimettere i peccati. Sono questi i concetti centrali ribaditi
durante la terza Settimana internazionale della riconciliazione, che si è svolta a
San Giovanni Rotondo. Organizzata dall’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, con il
patrocinio della Penitenzieria Apostolica, la settimana aveva come tema “Credo la
remissione dei peccati”. Fabio Colagrande ne ha parlato con il reggente della
Penitenzieria, mons. Krzysztof Nykiel:
R. - Papa Francesco,
nell’ultima udienza generale del 20 novembre scorso, è tornato a riflettere sul Sacramento
della Confessione e sull’importanza imprescindibile della mediazione ecclesiale nell’amministrazione
di questo Sacramento. Egli, infatti, ha ricordato che la Chiesa è depositaria del
potere delle chiavi, è serva del ministero della misericordia e si rallegra tutte
le volte che può offrire questo dono divino. Solo l’assoluzione dei peccati impartita
dal sacerdote, che è il dispensatore della Divina Grazia, ci dà la certezza che il
Signore ha perdonato ogni nostro peccato e ha cancellato ogni colpa. Proprio su questo
aspetto della fede cristiana riguardante “la remissione dei peccati”, come dono immenso
della Divina Misericordia del Padre, sappiamo come oggi sia presente e permanga una
grande difficoltà. E’ questa difficoltà dell’uomo moderno a riconoscere il peccato
e il perdono che spiega, alla radice, anche le difficoltà della pratica cristiana
della confessione o riconciliazione.
D. - Perché per un cristiano è così importante
il Sacramento della Confessione?
R. - Perché la Confessione sacramentale è
la pratica che più di ogni altra ci permette di sperimentare la grandezza, la bellezza
e la potenza rigenerante della Divina Misericordia. Quando il penitente entra nel
confessionale, egli si accosta realmente all’amore del Padre, entra nel cuore misericordioso
di Dio che è l’unico capace di guarire le ferite dell’anima, di togliere il peccato
che ci impedisce di rimanere nell’amicizia con Lui, di fare nuove tutte le cose nel
fedele che con umiltà e sincero pentimento implora il perdono.
D. - Questa
terza Settimana di Riconciliazione è rivolta soprattutto ai confessori. Eccellenza,
ci può elencare brevemente quali, secondo Lei, devono essere le caratteristiche e
le qualità di un buon confessore?
R. - Si deve prima di tutto tenere presente
che “il sacerdote è strumento del perdono di Dio”, ci ha ricordato Papa Francesco
durante l’udienza generale che ho appena menzionato. Anche lui è un uomo che come
noi ha bisogno di misericordia, diventa veramente strumento di misericordia, donandoci
l’amore senza limiti di Dio Padre… Il servizio che il sacerdote presta come ministro,
da parte di Dio, per perdonare i peccati – ci spiegava Papa Francesco – è molto delicato
ed esige che il suo cuore sia in pace, che non maltratti i fedeli, ma che sia mite,
benevolo e misericordioso, che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto,
sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al Sacramento della Riconciliazione
cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse.
"Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non
si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il diritto
di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio”. In questa prospettiva,
costituisce senz’altro una delle priorità pastorali, specialmente per i presbiteri
in cura d’anime, quella di voler trascorrere sempre più tempo nel confessionale. A
tal proposito, Papa Francesco, quando ha incontrato alcuni parroci della diocesi di
Roma, in occasione del Giovedì Santo, il 28 marzo scorso, ha detto: “Lasciate le porte
delle chiese aperte. La gente allora entrerà. Lasciate una luce accesa sul confessionale
con la vostra presenza. Vedrete che si farà la fila al confessionale". Si vede in
queste parole che nel Papa c’è questa fiducia e questa certezza del bisogno della
gente di Dio. I sacerdoti pertanto sono invitati a spalancare le porte e permettere
alla gente di incontrare Dio.