Terra Santa: le difficoltà dei migranti al centro dell'annuale serata in memoria di
Daniel Rossing
I migranti in Israele e la loro vita religiosa: su questo tema si è svolta martedì
l’annuale serata in memoria di Daniel Rossing, ebreo praticante che ha dedicato la
sua vita al dialogo tra il popolo ebraico e la Chiesa nello Stato di Israele. Morto
tre anni fa, da allora una serata in sua memoria viene organizzata annualmente dal
Centro di Gerusalemme per le relazioni tra cristiani ed ebrei (Jcjcr) in collaborazione
con l’Istituto di Gerusalemme per gli studi israeliani. Quest’anno è stata approfondita
la realtà dei lavoratori migranti cristiani. Relatori sono stati il prof. Galia Sabar
dell’Università di Tel Aviv, specialista in studi africani, padre David Neuhaus, vicario
patriarcale latino e coordinatore della Pastorale per i Migranti nella Chiesa cattolica
e suor Monica Navalta, suora francescana dell’Eucaristia, segretaria del coordinamento
della Pastorale per i Migranti. Ad aprire la serata un breve discorso del rabbino
David Rosen mentre il prof. Sabar ha messo in luce il mondo sociale e culturale dei
migranti africani negli anni ’90 sottolinenando la loro dimensione spirituale e religiosa
nella lotta per una vita normale in Israele a tutti i livelli. Oggi in Terra Santa
i richiedenti asilo dall’Africa sono 55 mila e padre Neuhaus, nel suo intervento si
è concentrato sulle sfide della Chiesa locale nell’accoglienza delle migliaia di migranti
cattolici, assorbiti in una piccola e fragile comunità locale. Ci sono infatti circa
160 mila cittadini cristiani nello Stato di Israele (tre quarti sono arabi e un quarto
vive integrato tra la popolazione ebraica) e il numero dei migranti è di circa 250
mila (di cui circa 200 mila lavoratori migranti e 55 mila richiedenti asilo), prevalentemente
cristiani. Padre Neuhaus ha evidenziato quattro sfide: costituire comunità per servire
i migranti; occuparsi del loro stato e dei loro diritti; aiutare i migranti a comprendere
il mondo in cui vivono quotidianamente; prendersi cura dell’educazione cristiana dei
loro figli nati in Israele. La dura vita quotidiana dei migranti, per lo più donne,
che hanno lasciato le loro famiglie e la loro patria per sopperire ai bisogni dei
loro figli e dei loro genitori, è stata descritta da suor Navalta, che ha anche ricordato
l’importanza del ruolo della Chiesa come luogo di conforto e di emancipazione. La
manifestazione è stata l’occasione per sensibilizzare il pubblico circa l’esperienza
dei cristiani in Israele e per cercare di collaborare con tutti coloro che cercano
una società più giusta. (A cura di Tiziana Campisi)