2013-11-28 08:17:36

Terra Santa: le difficoltà dei migranti al centro dell'annuale serata in memoria di Daniel Rossing


I migranti in Israele e la loro vita religiosa: su questo tema si è svolta martedì l’annuale serata in memoria di Daniel Rossing, ebreo praticante che ha dedicato la sua vita al dialogo tra il popolo ebraico e la Chiesa nello Stato di Israele. Morto tre anni fa, da allora una serata in sua memoria viene organizzata annualmente dal Centro di Gerusalemme per le relazioni tra cristiani ed ebrei (Jcjcr) in collaborazione con l’Istituto di Gerusalemme per gli studi israeliani. Quest’anno è stata approfondita la realtà dei lavoratori migranti cristiani. Relatori sono stati il prof. Galia Sabar dell’Università di Tel Aviv, specialista in studi africani, padre David Neuhaus, vicario patriarcale latino e coordinatore della Pastorale per i Migranti nella Chiesa cattolica e suor Monica Navalta, suora francescana dell’Eucaristia, segretaria del coordinamento della Pastorale per i Migranti. Ad aprire la serata un breve discorso del rabbino David Rosen mentre il prof. Sabar ha messo in luce il mondo sociale e culturale dei migranti africani negli anni ’90 sottolinenando la loro dimensione spirituale e religiosa nella lotta per una vita normale in Israele a tutti i livelli. Oggi in Terra Santa i richiedenti asilo dall’Africa sono 55 mila e padre Neuhaus, nel suo intervento si è concentrato sulle sfide della Chiesa locale nell’accoglienza delle migliaia di migranti cattolici, assorbiti in una piccola e fragile comunità locale. Ci sono infatti circa 160 mila cittadini cristiani nello Stato di Israele (tre quarti sono arabi e un quarto vive integrato tra la popolazione ebraica) e il numero dei migranti è di circa 250 mila (di cui circa 200 mila lavoratori migranti e 55 mila richiedenti asilo), prevalentemente cristiani. Padre Neuhaus ha evidenziato quattro sfide: costituire comunità per servire i migranti; occuparsi del loro stato e dei loro diritti; aiutare i migranti a comprendere il mondo in cui vivono quotidianamente; prendersi cura dell’educazione cristiana dei loro figli nati in Israele. La dura vita quotidiana dei migranti, per lo più donne, che hanno lasciato le loro famiglie e la loro patria per sopperire ai bisogni dei loro figli e dei loro genitori, è stata descritta da suor Navalta, che ha anche ricordato l’importanza del ruolo della Chiesa come luogo di conforto e di emancipazione. La manifestazione è stata l’occasione per sensibilizzare il pubblico circa l’esperienza dei cristiani in Israele e per cercare di collaborare con tutti coloro che cercano una società più giusta. (A cura di Tiziana Campisi)







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