Siria: un parroco denuncia l’esodo dei civili cristiani da Qara, invasa da jihadisti
stranieri
I villaggi, cristiani e non, a nord di Damasco, nel massiccio del Qalamoun, sono nel
mirino di gruppi armati di jihadisti stranieri che li stanno rastrellando, portando
solo morte e distruzione. Lo racconta all’agenzia Fides padre George Louis, parroco
greco-cattolico della Chiesa di San Michele a Qara, che è stata devastata e bruciata.
Il sacerdote spiega: “Maalula, Sednaya, Sadad, poi Qara e Deir Atieh, ora Nebek. I
jihadisti armati applicano un medesimo modello: prendono di mira un villaggio, lo
invadono, uccidono, bruciano, devastano. Per i civili, cristiani e non, la vita è
sempre più difficile. I miliziani stranieri agiscono fuori controllo dei nostri compatrioti
siriani dell’Esercito Libero Siriano (Fsa), che invece sono rispettosi di tutti, e
che non vogliono radere al suolo l’intero Paese. Ma questi, purtroppo, in tanti casi
hanno dovuto ritirarsi di fronte ai gruppi armati stranieri”. Padre Louis racconta
quanto avvenuto a Qara fra il 16 e il 20 novembre. Da mesi il villaggio viveva in
un particolare “status quo”, in un regime di “semiautonomia”, con il tacito accordo
fra i siriani del Fsa e l’esercito regolare. Non vi era conflitto, pur essendo la
cittadina sotto controllo del Fsa. Lo Stato intanto continuava a fornire elettricità,
acqua e servizi alla popolazione. L’equilibrio è saltato, racconta padre George, quando
“il 16 novembre, oltre 3.000 jihadisti calati dal villaggio sunnita di Arsal, piattaforma
dei gruppi armati che penetrano in Siria attraverso il Libano, sono penetrati nel
villaggio, trasformandolo in campo di battaglia. I soldati del Fsa, in minoranza,
si sono ritirati. La gente ha cominciato a fuggire. Circa 6.000 cittadini sono fuggiti
immediatamente verso città e villaggi vicini”. Ma la comunità cristiana di Qara, raccolta
nel centro storico, non voleva muoversi. Il prete racconta a Fides: “Sono iniziati
lanci di razzi contro le case e per le strade. Con circa 35 famiglie cristiane. ci
siamo rifugiati in chiesa a pregare. Il cancello della chiesa è stato colpito ed è
saltato. Sono entrati combattenti armati a viso coperto, capelli lunghi, non siriani,
non si capiva di quale nazionalità fossero. Hanno detto: vogliamo uccidervi tutti,
cani cristiani. E bruceremo questo luogo idolatrico”. A quel punto, uno dei parrocchiani,
Emile, parlando in arabo, ha iniziato con coraggio a parlamentare con il capo del
gruppo, citando versetti del Corano, dicendo che l’islam rispetta i cristiani e le
altre minoranze. “L’uomo ha risposto che avrebbe chiesto al suo capo, per decidere
la nostra sorte e conduce i suoi uomini fuori dall’edificio”, prosegue padre George.
Nel frattempo il sacerdote e i fedeli escono dalla chiesa da un’uscita secondaria,
e tutti fuggono nei vicoli del centro storico. Si dirigono sull’autostrada e si uniscono
ad altri profughi, raggiungendo il villaggio di Der Atieh. Qui ricevono calorosa ospitalità
dai cristiani locali, di altre confessioni: il parroco e i fedeli greco-ortodossi
li accolgono con grande generosità. Intanto anche Der Atieh finisce nel mirino dei
jihadisti. I miliziani iniziano una “caccia all’uomo” e tengono i cristiani in ostaggio.
“Ci siamo nascosti negli scantinati per 4 giorni e 4 notti, senza acqua, cibo, elettricità”,
racconta padre Louis. “Dopo una notte di preghiera, abbiamo deciso di tentare la fuga.
Alle 5 del mattino, siamo riusciti a uscire dal viaggio. Con una marcia forzata di
sei ore, in gravi condizioni di pericolo, siamo giunti a Sadad, altra città martirizzata.
L’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh e i fedeli che sono rientrati in città ci hanno
accolto con amore e benevolenza”. Intanto a Qara la situazione è drammatica. Dopo
giorni di combattimenti, vi sono macerie dappertutto. Molte case e strade sono state
minate con esplosivi. La Chiesa greco cattolica di San Michele è stata devastata e
bruciata. Altre chiese cattoliche ortodosse a Der Athie hanno subito la stessa sorte,
come alcune moschee: è un monito ai musulmani moderati. Padre George precisa: “Questi
sono combattenti stranieri estremisti, che vogliono solo seminare odio e violenza
settaria, distruzione indiscriminata, del tutto privi di rispetto verso i civili.
Non sono nel Fsa. A noi non resta altro che pregare. In questo esodo, abbiamo provato
la bella esperienza di solidarietà e affetto fra cristiani cattolici e ortodossi”.
(R.P.)