Udienza generale. Il Papa: chi pratica la misericordia non teme la morte
Circa 50 mila fedeli oggi in Piazza San Pietro per l’udienza generale, nonostante
la giornata molto fredda. Il Papa ha fatto innanzitutto i complimenti ai pellegrini
presenti: “perché voi siete coraggiosi con questo freddo in piazza! Complimenti, tanti!”.
Quindi, ha affermato di voler portare a termine le catechesi sul “Credo”, svolte durante
l’Anno della Fede, che si è concluso domenica scorsa. In questa catechesi e nella
prossima – ha detto – “vorrei considerare il tema della risurrezione della carne,
cogliendone due aspetti così come li presenta il Catechismo della Chiesa Cattolica,
cioè il nostro morire e il nostro risorgere in Gesù Cristo. Oggi mi soffermo sul primo
aspetto: «morire in Cristo»”.
“C’è un modo sbagliato di guardare la morte –
ha detto - La morte ci riguarda tutti, ci interroga in modo profondo, specialmente
quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera
che ci risulta ‘scandalosa’. A me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i
bambini?, perché muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte
spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva,
che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideriamo
la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando
non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive
come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo,
che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso
il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi,
vivere solo per le cose terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata
della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla,
o di banalizzarla, perché non ci faccia paura”.
"Ma a questa falsa soluzione
- ha proseguito - si ribella il 'cuore' dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo
di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno. E allora qual è il senso
cristiano della morte? Se guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando
abbiamo perso una persona cara – i genitori, un fratello, una sorella, un coniuge,
un figlio, un amico –, ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati
dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il
bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che
ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. E questo è vero: la nostra vita
non finisce con la morte! Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile
nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza
della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno
di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza
e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci rattrista
la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura». Una
bella preghiera della Chiesa questa! Una persona tende a morire come è vissuta. Se
la mia vita è stata un cammino con il Signore, di fiducia nella sua immensa misericordia,
sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il
definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare
faccia a faccia il suo volto”. E a braccio ha aggiunto: “Questo è il più bello
che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore.
Ma, vederlo come Lui è: bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza.
Noi andiamo fino a questo punto: trovare il Signore”. “In questo orizzonte – ha
proseguito - si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo
che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con
il Padre celeste. E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando
vicino a Gesù: quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù.
E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica
della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso
si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice:
«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere,
ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,
ero in carcere e siete venuti a trovarmi. …Tutto quello che avete fatto a uno solo
di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40).
Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione
fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo”. “La
solidarietà nel compatireil dolore e infondere speranza – ha sottolineato
- è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi
pratica la misericordia non teme la morte. Pensate bene a questo! Chi pratica la misericordia
non teme la morte. Siete d’accordo? Lo diciamo insieme per non dimenticarlo: ‘Chi
pratica la misericordia non teme la morte!’. Un’altra volta: ‘Chi pratica la misericordia
non teme la morte!’. E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle
ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta
della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra
morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui
siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre Dio, con Gesù,
con la Madonna e con i santi”.