Udienza generale. Il Papa: chi apre la porta al povero avrà il cielo aperto alla fine
della vita
“Chi pratica la misericordia non teme la morte”. Questa affermazione è risuonata più
volte ieri mattina in Piazza San Pietro. Papa Francesco l’ha fatta ripetere alle circa
50mila persone che hanno partecipato all’udienza generale, dopo aver spiegato, a partire
dalla preghiera del Credo, la differenza dell’approccio cristiano all’ultimo momento
della vita, rispetto alla visione atea, che non credendo in un orizzonte più ampio,
nega la morte perché ne ha paura. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Lo diciamo
insieme per non dimenticarlo: chi pratica la misericordia non teme la morte. Un’altra
volta: chi pratica la misericordia non teme la morte. E perché non teme la morte?
Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù
Cristo”.
Nel gelo di una Piazza piombata in un precoce inverno, la verità
cristiana senza eguali, riaffermata da Papa Francesco e ripetuta in coro dalla folla,
ha il potere di scaldare i cuori prima ancora che le membra intirizzite. Chi apre
la porta ai fratelli che hanno bisogno vedrà a sua volta aperta la porta del cielo
alla fine della vita: il Papa suggella con questo pensiero una catechesi che con chiarezza
esplora il tabù per eccellenza. “Fra noi, comunemente c’è un modo sbagliato di guardare
alla morte”, osserva, affrontando subito, con delicatezza, un punto che rende la morte
“scandalosa”:
“A me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i bambini?,
perché muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa,
atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che
spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideriamo
la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando
non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive
come se Dio non esistesse”.
“Questa concezione della morte – afferma Papa
Francesco – è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi
casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla”:
“Ma esiste anche un
ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi, vivere solo per le cose
terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo
altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché
non ci faccia paura”.
Per il cristiano, la morte è un doloroso passaggio
che non spezza nulla, non sfocia nel nulla. E questo perché, spiega il Papa:
“Se
guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona
cara – i genitori, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio, un amico –, ci
accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale
dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto
non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra
vita non finisce con la morte. E questo è vero: la nostra vita non finisce con la
morte!”.
Una persona, sottolinea Papa Francesco, “tende a morire come è
vissuta”. Se ha camminato con Gesù, ha imparato ad avere “fiducia nella sua immensa
misericordia”, sarà anche preparata “ad accettare il momento ultimo” della sua vita.
E essere di Cristo, prosegue, “insegna che la vita in questo mondo ci è data anche
per preparare l’altra vita”, quella con Dio:
“E per questo c’è una via sicura:
prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù. Quella è la sicurezza. Io mi preparo
alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei
Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più
deboli e bisognosi (...) Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità
cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali
del nostro prossimo”.
Al termine delle catechesi in sintesi nelle altre
lingue, Papa Francesco ha salutato i vari gruppi in Piazza San Pietro, i pellegrinaggi
diocesani e ha ricordato ai giovani, ai malati e ai nuovi sposi il prossimo inizio
dell’Avvento. “Cari giovani – ha concluso – preparate i vostri cuori ad accogliere
Gesù Salvatore; cari ammalati, offrite la vostra sofferenza affinché tutti riconoscano
nel Natale l’incontro del Cristo con la fragile natura umana; e voi cari sposi novelli,
vivete il vostro matrimonio come il riflesso dell’amore di Dio nella vostra storia
personale”.