Inaugurata a Roma la nuova sede nazionale della Cna: una sfida alla crisi
Inaugurazione ieri a Roma della nuova sede nazionale della Cna, Confederazione Nazionale
dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, alla presenza alla presenza del
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi, e di mons.
Guerino Di Tora, vescovo ausiliare della diocesi di Roma. A Ivan Malavasi,
presidente nazionale Cna, Adriana Masotti ha chiesto quale sia il significato
di questo evento:
R. - Intanto,
è un grande orgoglio arrivare a una nuova sede di rappresentanza più adeguata ai tempi
di Cna ed è contemporaneamente una grande scommessa. Noi abbiamo reagito alle difficoltà
dando un nuovo luogo per lanciare la sfida alla crisi: abbiamo creato una sede molto
bella, molto elegante, ma anche molto sobria, che è esattamente il valore che ha il
nostro mondo e con le tutte le tecnologie possibili che sono all’avanguardia, come
è all’avanguardia il mondo dell’artigianato. Quindi, non giocare in difesa, non lamentarsi
solamente…
D. - Il mondo dell’artigianato: ci vuol dire qualcosa di più su
questo mondo, su quello che va bene e su quelle che sono le difficoltà di questo momento?
R.
- Il mondo dell’artigianato è in un Paese dove tutti viviamo una situazione di grande
difficoltà, di crisi che perdura da cinque anni. Quindi, ogni giorno la situazione
economica si fa più pesante. All’interno di questa complessità, l’artigianato e la
piccolissima impresa in modo particolare, vive ancora peggio, vuoi per i pagamenti
che si sono allungati, vuoi perché l’accesso al credito è quasi impossibile. È un
Paese che ha costi e pesi sulle spalle di natura fiscale e burocratica drammatici.
Quindi, è un mondo che fa fatica, ma che non abdica al suo ruolo, un mondo che da
molti anni non conosceva i segni “meno” davanti alla sua crescita inarrestabile. Purtroppo,
da cinque anni abbiamo segni di sostanziale negatività nelle iscrizioni, quindi saldi
negativi che quest’anno si aggireranno sulle 25-28 mini-imprese a fine anno, presumiamo.
Un mondo che reagisce in qualunque modo possibile inventandosi anche nuove attività.
Stiamo vedendo che ci sono anche aspetti che riguardano il cosiddetto valore del riuso,
della manutenzione, della riparazione che era un po’ scomparso, eravamo tutti diventati
prigionieri dell’usa e getta. Insomma, anche questa crisi ha forse messo insieme qualche
valore importante in questa nostra società.
D. - Si sta lavorando alla legge
di stabilità. Oggi, dovrebbe concludersi questo percorso. C’è qualcosa dentro questo
testo che vi agevolerà o qualche delusione che lei vuole denunciare?
R. – Ci
sono dati che nel testo della legge – anche se non sappiamo esattamente come uscirà
– che ci preoccupano molto. Ci sono alcune distrazioni della politica nei confronti
dei piccoli. Penso al tema del fisco, della riduzione dei costi sul lavoro e del credito.
La risposta quando c’è, perché in alcuni casi c’è, è modesta e insufficiente alla
reazione di cui avrebbe bisogno il Paese per riprendere la via dello sviluppo. Anche
se all’interno alcuni elementi che mettono al riparo da alcune altre cadute ci sono:
penso alla stabilizzazione degli incentivi per il 2014 sulla manutenzione, sulla ristrutturazione,
sull’ecobonus… Quindi, interventi che sono molto più mirati ai settori piccoli e medio
piccoli – che noi rappresentiamo – ma sicuramente c’è un dato: la legge di stabilità
ha dimensioni troppo modeste per il tipo di bisogno di cui necessita l’Italia.
D.
– Quando si parla di artigianato, da una parte si pensa a oggetti fatti a mano, oggetti
più curati, dall’altra sembra quasi una cosa anacronistica, quando è tutto ormai industrializzato,
tutto uguale, globalizzato… Qual è il valore aggiunto per cui queste imprese piccole
e questo lavoro devono essere preservati?
R. – I valori aggiunti sono due:
stile e qualità, le due condizioni per cui l’Italia ancora regge. Il "made in Italy"
e le piccole imprese, che hanno la condizione e a volte la determinazione di affrontare
anche i mercati internazionali, anche per dimensioni molto piccole, e riescono ad
avere risultati straordinari. L’Italia vince – e le piccole imprese dell’artigianato
vincono – se sa fare della qualità il suo marchio di eccellenza.