Thailandia: l'opposizione paralizza Bangkok. Governo in bilico
Bangkok semi-paralizzata ieri dalle 13 marce di protesta dell’opposizione al governo
che hanno avuto come obiettivo le sedi delle forze armate, della polizia, ministeri
ma anche di reti televisive considerate ostili. Ultima iniziativa del partito Democratico
ma anche delle altre forze della protesta (radicali buddhisti e nazionalisti, intellettuali
e studenti più altre rappresentanza della società civile) che da sabato si sono unificate
per dare la spallata al governo guidato da Yingluck Shinawatra e evitare il rischio,
che ritengono concreto, che in Thailandia si imponga un regime a carattere familiare
con il rientro dall’esilio di Thaksin Shinawatra, ex premier condannato in contumacia
per abuso di potere ma considerato dai suoi sostenitori oggi al potere un “perseguitato
politico”. Domenica - riferisce l'agenzia Misna - con la più folta manifestazione
che abbia interessato la capitale dalla Primavera 2010, centinaia di migliaia di manifestanti
si sono raccolti attorno al Monumento alla Democrazia, nella grande arteria dedicata
alla Costituzione (Ratchadamnoen Avenue) e nei viali circostanti, estendendosi otre
i limiti delle ultime settimane. Di fatto la folla ha posto sotto assedio parlamento
e palazzo del governo e una vasta area di ministeri e uffici pubblici presidiati da
settimane da migliaia di poliziotti in assetto antisommossa e, in teoria, resa off-limits
ai manifestanti dall’imposizione della legge d’emergenza. Come espresso ormai chiaramente
da Suthep Thaugsuban, vice-premier nel precedente governo guidato dai Democratici
(che tradizionalmente esprimono le classi medie urbane, ma anche i sentimenti nazionalisti
e filo-monarchici) e da altri leader della protesta, il movimento ha superato di slancio
la richiesta iniziale di evitare una legge di amnistia che avrebbe graziato tutti
i responsabili di abusi, uccisioni, repressione tra il 2004 e l’agosto di quest’anno
(ma non le centinaia di intellettuali, blogger o semplici cittadini incarcerati per
le loro idee o per semplici accuse di sentimenti anti-monarchici e quanti – in maggioranza
Camicie Rosse filo-Thaksin e anti-elitarie – sono stati già incarcerati per terrorismo).
Un atto – in seguito cancellato dal Senato l’11 novembre – proposto dall’esecutivo
come strumento di pacificazione, ma avversato dall’opposizione politica che lo vede
motivato da un rientro di Thaksin Shinawatra, di cui è sorella l’attuale premier e
a cui sono legati molti in parlamento, nella polizia e nelle forze armate. Un rientro
osteggiato dalla società civile, soprattutto nella capitale, ma anche da elementi
nel movimento delle Camicie Rosse che sostengono il governo ma non accettano un’amnistia
che coinvolga vertici militari e responsabili politici della repressione del loro
movimento nel maggio 2010. Il numero record di partecipanti ai grandi raduni di domenica
(400.000 secondo gli organizzatori, tra 100.000 e un milione secondo altre fonti)
ha convinto l’opposizione unita a tentare la prova di forza e procedere con tre giorni
di iniziative avviate stamattina che nelle intenzioni dei promotori dovrebbero segnare
la sorte del governo e avviare una riforma del sistema politico. Prima conseguenza,
la paralisi del traffico cittadino, già abitualmente caotico. (R.P.)