2013-11-23 11:38:43

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica


Nell’ultima Domenica del Tempo ordinario, Solennità di Cristo Re, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù crocifisso viene insultato e deriso. Ma uno dei malfattori appeso alla croce accanto al Signore, gli dice: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». E Gesù risponde:

«In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:RealAudioMP3

Dopo aver celebrato nel corso dell’anno liturgico tutto il mistero di Cristo, per far crescere il desiderio del suo ritorno, la Chiesa ci pone davanti, a corona del mistero della Pasqua, una realtà impressionante: un Re e Signore messo in croce, sbeffeggiato e deriso, provocato a scendere per mostrare il suo potere divino, mentre proprio su quello strumento di tortura sta mostrando a tutti la misura del dono di Dio, sta gridando al mondo non solo che Dio c’è, ma cosa sia veramente Dio, di cosa Egli sia capace per amore all’uomo. Dio è questo dono. Dio è questo perdono. Infinitamente dimentico di sé per accogliere l’uomo, anche il più peccatore, l’ultimo, tra le sue braccia. Proprio sulla croce Egli viene con il suo Regno ad aprire quel paradiso che il peccato dei progenitori aveva chiuso. Al malfattore che, crocifisso con lui, gli grida: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”, risponde con libertà ed autorità divina: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. Questa croce, questo atto d’amore infinito, che con tanta superficialità e presunto civismo abbiamo tolto dai luoghi pubblici e dalle scuole, continua ad essere l’unica risposta vera alla sofferenza profonda dell’uomo, continua ad essere la chiamata definitiva di Dio all’uomo a farsi dono, a farsi, come Dio, offerta all’altro. Senza di essa rimane solo l’amarezza degli ultimi, dei poveri, degli sconfitti. Se l’uomo non si fa dono per l’altro, si fa, anche non volente, strumento di tortura. Perché: o sotto la croce ne siamo schiacciati, o sulla croce regniamo con Cristo (come canta la liturgia: “Dio regna dal legno della croce”).







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